la demokrazia del PD
- la demokrazia del PD -
di Paolo De Gregorio, 6 gennaio 2013
Leggo con incredulità la notizia pubblicata, oggi 6 gennaio, su “la Nuova Sardegna” così riportata: “respinta l’invasione dei forestieri nelle liste”.
La notizia è questa: al PD sardo è arrivata la richiesta dello staff nazionale bersaniano di inserire almeno 5 esterni nelle candidature, in barba ai candidati sardi che si erano conquistati la candidatura nelle primarie.
Una operazione autoritaria e neo-colonialista che il segretario Silvio Lai ha respinto in parte, accettando l’ipotesi che vi sia un capolista esterno, NOMINATO da Roma.
Questo episodio ci dovrebbe far capire una volta per tutte quanto autoritari siano i partiti, con i loro gruppi dirigenti inamovibili, che ridicolizzano allegramente i risultati delle “primarie”, per continuare a NOMINARE i dirigenti dal vertice del partito, e che fanno la morale a Grillo quando caccia infiltrati (probabilmente del PD) che si sono messi contro le regole del movimento.
Risulta stranissimo che nessun mammasantissima dei partiti, che frequentemente straparlano di populismo e di antipolitica, abbia mai proposto la semplicissima regoletta di salute pubblica (che toglierebbe alle nomenklature ogni possibilità di manovrare dietro le quinte) che stabilisca per legge che nessuno può essere candidato fuori dal territorio di residenza, dove deve risiedere da almeno 5 anni, per assicurare la piena rappresentatività della carica e rispettare la volontà dei cittadini, che con le primarie esprimono il voto di preferenza attualmente negato dalla immonda legge elettorale.
E’ essenziale capire che occorrono nuove regole per diventare una democrazia compiuta: dal referendum propositivo ad una nuova legge elettorale (uninominale a doppio turno, tipo quella per le elezioni dei sindaci), con divieto per tutti i candidati di apparire in TV, divieto di manifesti, ma muovendosi senza limiti nel proprio collegio porta a porta e con comizi in spazi messi a disposizione gratuitamente dai Comuni, e con possibilità di essere eletti al massimo in due legislature, senza deroghe.
Così la “par condicio” non sarebbe la parola vuota che è con l’attuale sistema, dove vincono i più ricchi o chi ha un grande apparato di partito alle spalle, con il risultato garantito di immobilismo e di potere delle gerarchie economiche, politiche, religiose, massoniche, mediatiche.
Paolo De Gregorio
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