Scarpe rosa e comunisti
Scarpe rosa e comunisti
Quando la rivista m’incaricò d’intervistare BP, assessore a B. della provincia di P. non esultai di gioia. Accampai mille scuse, ma il direttore, anzi la direttora, fu inamovibile. Dovevo assolutamente intervistarlo, anzi dovevo aiutarlo a rifarsi un’immagine, mi disse.
Non si deve pensare che io sia un lecchino, faccio per bene quello che mi dicono, anzi un po’ di più così accontento tutti. In più la direttora, detto tra noi, è una gran bella donna per metà, e me la porterei a letto, intendo questa metà; il resto assomiglia troppo al mio amico Beppe – diciamo dalla cintola in giù. Si mormora che la direttora il giorno prima di questa mia intervista avesse dormito nel letto del redattore Gianni. Ma sono solo voci.
L’assessore BP, giorni fa, è stato trovato con le mani nei pantaloni di un tale che si fa chiamare nel giro Periplo, va a sapere perché. La rivista per la quale lavoro è sponsorizzata dall’assessore BP, quindi mi sono detto, meglio andare coi piedi di piombo, come disse Beppe prima di gambizzare Osvaldo nel lontano 1978.
L’assessore si presenta nel suo salotto, bardato a festa. Sembra un uovo di pasqua con tanto di testa pelata e papillon. La cosa eclatante, però, sono delle scarpe rosa col tacco a botte formato cubo di rubik. A occhio e croce non dovrebbe superare il metro.
D- Complimenti per le scarpe, assessore.
R- Grazie, ne sono molto orgoglioso. Pensi che le ho pagate… meglio che non glielo dica quanto le ho pagate…
D- Per carità siamo molto curiosi. Dico siamo: io e i nostri lettori, nostri nel senso della rivista.
R- Che è anche mia…
D- Appunto. Scherzi a parte: girano delle foto compromettenti su di lei.
R- Ah quelle. Eravamo in Sardegna e avevamo deciso di fare il bagno nudi; in fin dei conti, ognuno fa il bagno come vuole e un paparazzo ci ha immortalato. Tra parentesi sono venuto anche bene.
D- Veramente hanno fatto scandalo perché c’era un primo piano di lei che si faceva una striscia che sembrava un treno, dico di coca. Comunque non sono qui per questo.
R- Ah No?
D- No. Non mi riferivo a quelle foto che ormai sono coca passata. Dico quelle di cinque giorni fa che la ritraggono insieme a un trans coi pantaloni abbassati.
R- Ah quelle. Ma non sono io.
D- Ah no? A noi ci pareva che fosse lei e che l’auto fosse quella sua.
R- Lei non ha idea di quante macchine ci siano come quella mia. Pensi che ne hanno vendute milioni, proprio del colore della mia e a gente come me.
D- Sì, ma si legge chiaramente il numero di targa. Assessore, noi pensiamo che sia lei con la sua macchina. Smentisce?
R- No in effetti, sì, sono io e sì è la mia macchina. Contento? Tanto lei non scriverà mai quello che dirò perché nessuno ci crederà. Pensi che quando l’ho ordinata, l’auto dico, ho dovuto usare i soldi del comune perché i miei erano vincolati. Dopo li ho rimessi in cassa…Eh Eh Eh!
D- Sì effetttivamente la cosa è talmente buffa che se ne sta occupando la magistratura…
R- Magistratura un c… quelli sono tutti comunisti.
D- Come tutti comunisti? I comunisti sono estinti come minimo dagli anni di Occhetto, quando si è fatto fotografare con tutta l’allegra famiglia sul Venerdì di Repubblica. Si ricorda, assessore, la svolta, il cambiamento, e poi il nome… Lei dov’era?
R- No, non mi ricordo. La Storia non è il mio forte. Io so che i comunisti ci sono, eccome se ci sono!
D- Che cos’è il suo forte? A ogni modo il paparazzo che l’ha immortalato coi pantaloni in mano è comunista anche lui?
R- Certo che è comunista, anzi peggio è… L’hanno pagato, quel maiale.
D- Di maiali qui è meglio non parlare, come si dice; ma senta, secondo lei, dove si nascondono questi comunisti ché lo diciamo a Bersani così sa dove trovarli.
R- Ormai il comunismo sta dilagando, anche dentro al Vaticano, nei giornali, nella pubblicità, sulle scritte dei cessi. Tutta questa gente che parla di principi morali, di cosa è giusto e di cosa non è giusto, che bisogna far così e non così. Ma dove siamo?
D- Beh visto che è il popolo che elegge, che vota magari non è del tutto sbagliato…
R- Popolo. Popolo, popolo. Lo vede io uso la parola gente; lei mi usa la parola “popolo”. Lei è comunista, un leninista, uno stalinista. Io, caro lei, mi alzo alle sei di mattina e vado a letto all’una, alle due, alle tre.
D- E in tutto questo daffare trova pure il tempo d’andare con Periplo?
R- E lei come lo sa il nome?
D- Lo sanno tutti il nome del suo amante. A proposito, nome strano, molto strano. Perché quel nome?
R- Senta, comunista, che cosa ne vuol sapere lei di nomi, cosa le interessa?! Sa cos’è la privacy?
D- Veramente in questo momento mi sfugge. Ce lo spieghi lei.
R- Non ci capiamo, quando io parlo di comunisti io parlo di gente come tutti voi, come lei; volete che tutti noi che facciamo politica, e la facciamo anche per voi comunisti, rendiamo conto del nostro operato. Noi dobbiamo essere sereni per lavorare al nostro meglio, non possiamo rispondere di sciocchezze. Non possiamo avere i magistrati sempre alle calcagna e la gente che si lamenta. Io, cioè noi, dobbiamo fare quello che ci pare. Vedrà fra un po’ che cosa vi combiniamo a lei e al suo popolo…
D- In effetti è questo che ci preoccupa. A proposito com’è che non usa le mutande?
R- Cosa sta dicendo? Ma cosa sta dicendo?
D- Dico che nelle foto che lo ritraggono con Periplo lei ha sì i pantaloni abbassati ma non porta le mutande. Vuole essere più sexy o è, come dire, un naturista?
R- Le mutande – e lo dica pure ai suoi amici comunisti – io le porto sempre perché sotto ci ho dei cosi che neanche Polifemo.
D- Cerchiamo di non esagerare. La mitologia è il suo forte! Assessore, lei dà importanza alla misura o chi s’accontenta gode?
R- Io delle mie misure orgoglioso sono e…
D- Sì, abbiamo capito, lo diremo ai nostri amici comunisti.
R- Ecco bravo, lo dica lo dica. Siamo stufi dei complotti e alla fine io vado con chi mi pare.
D- Com’è che l’anno scorso un mio amico è andato, per così dire a puttane, nel senso di andare a puttane, e i carabinieri l’hanno beccato: hanno messo una foto formato tabloid sul giornale, multa, famiglia rovinata, perso il lavoro. S’è impiccato alla fine…
R- Ma la prostituzione, o come dice lei volgarmente, questo “andar a puttane”, ma lo sa lei che c’è una legge. È reato.
D- Ma com’è che per lei l’andar con Periplo non è reato. Ci spieghi assessore. Lo paga anche lei, giusto?
R- Lo pago, lo pago, altro che lo pago, la sanguisuga! Ma forse non l’ha capito: questo suo amico chi è?
D- Non posso mica fare il nome. D’altronde basta consultare la cronaca dell’anno scorso…
R- Si vede che lei è comunista: non capisce una mazza, altro che falce. Voglio dire cosa fa, nel senso cosa fa per campare, questo suo amico?
D- Veramente lavorava nel pubblico.
R- Vede, non è nessuno e magari è un comunista.
D- Ma vorrebbe farmi credere che la legge non è uguale per tutti. Ma insomma…
R- Insoma insomma un c… Io, caro lei, mi trombo chi mi pare. E con me tutti gli altri.
D- Così ci piace assessore. I nostri lettori la vogliono bello pimpante, crudo, rozzo.
R- Sì e lei non pubblicherà un c… di quello che abbiamo detto.
D- Neanche la foto delle sue scarpe rosa?
R- Beh certo la foto delle scarpe…
D- D’accordo m’accontento. Affare fatto: io credo nell’informazione libera, nell’autocensura, nel libero mercato. Anzi sa cosa le dico?
R- No dica, ma faccia presto ché i pantaloni mi s’abbassano.
D- Dove ha comprato le scarpe rosa?
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