sostiene Monti: la ricchezza è un valore
- sostiene Monti: la ricchezza è un valore -
di Paolo De Gregorio, 10 gennaio 2012
Nel “confessionale” di Fabio Fazio è il turno del premier professore, elevato a quel ruolo da una classe politica così mediocre e screditata da essere incapace di gestire una crisi dopo decenni di promesse di miracoli e benessere per tutti.
Certo salta agli occhi la ponderatezza e la misura con cui il professor Monti risponde alle domande e le parole tornano a pesare, dopo anni di battute, barzellette, retorica, insulti, bugie.
Resta il fatto che Monti fa parte di quell’altra CASTA costituita dai vertici del mondo accademico, bancario, istituzionale, legato ai poteri forti e alla Chiesa, che costituisce la faccia presentabile e competente del capitalismo che cerca di continuare la sua corsa anche se tutto indica una sua crisi sistemica e di valori. Crisi che ha creato giovani “indignados” in tutto il mondo proprio per l’enorme squilibrio tra ricchezza e povertà.
La ricchezza sarebbe un valore se si riconoscesse in essa il peso fondamentale del lavoro, manuale e intellettuale,e si gridasse ai quattro venti che qualunque produzione di ricchezza è un fatto sociale dove il capitale senza il lavoro sarebbe disoccupato.
Se poi volessimo andare a cercare le origini della ricchezza, senza paura della verità, la sua origine è nel lavoro poco pagato degli schiavi salariati.
La ricchezza primaria degli americani fu costituita con lo sfruttamento di schiavi negri deportati dall’Africa nelle terre rubate ai nativi dopo averli sterminati.
In Italia il latifondo fu creato attraverso prepotenze armate e per secoli i contadini con il loro massacrante lavoro hanno ingrassato nobili e Papi, trattati da schiavi anche se tutto il peso produttivo era sulle loro spalle e la ricchezza veniva prodotta solo dalle campagne.
Oggi il ruolo della ricchezza è tutto meno che un valore: moltissimi capitalisti hanno abbandonato la produzione di beni materiali per trasformarsi in speculatori finanziari, molti hanno delocalizzato le loro attività all’estero licenziando in Italia, molti capitali di riccastri vanno clandestinamente e illegalmente all’estero anche se prodotti in patria, dove evadere le tasse è lo sport più praticato e più letale per la nostra economia.
Se poi vogliamo una dimostrazione etica, oltre che economica, sul ruolo della “ricchezza”, in editoria l’unico giornale veramente LIBERO è “il FATTO QUOTIDIANO”, in quanto senza padroni né padrini, di proprietà dei suoi giornalisti, mentre è storia recente che anche il miglior giornalista italiano, Montanelli, veniva messo alla porta perché non si sottometteva ai “desiderata” dei suoi padroni editori.
Senza possedere direttamente i mezzi di produzione non c’è libertà, il lavoro salariato è sempre una schiavitù, insopportabilmente precario tra l’altro, mentre tutti i beni di cui abbiamo bisogno potrebbero essere prodotti da singoli cittadini, o da famiglie, o da cooperative, purchè sostenuti da un sistema bancario di tipo sociale, che oggi non esiste.
I veri padroni della economia sono le banche, decidono il tuo destino in ogni momento e qualunque governo, di destra o di sinistra è impotente.
Nessun cambiamento strutturale è possibile se non si crea un sistema bancario antagonista a quello capitalistico, magari gestito dalla Banca d’Italia, che finanzi senza fini speculativi esclusivamente singoli, famiglie, cooperative con buone idee produttive.
Il professor Monti sulla “ricchezza come valore” ha idee antiquate e secondo me si illude su una possibile ripresa, con quel debito pubblico che pesa come una montagna e con la evidente realtà che i capitali sono già fuggiti all’estero.
La “ricchezza ha già scelto la globalizzazione come suo orizzonte, magari passando per paradisi fiscali o la Svizzera, se ne frega del patriottismo e delle persone senza lavoro.
Vi è l’urgenza di rifondare l’economia su “altre basi”, a cominciare dalla autosufficienza energetica (con le rinnovabili) ed alimentare (con una agricoltura moderna e diffusa), sostenibile dal nostro ecosistema, che possa preservarci dalle tempeste prossime venture che si chiamano crisi petrolifera, riscaldamento globale, diminuzione del cibo, sovrappopolazione.
Paolo De Gregorio
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