Where is the fascist?
Il maestoso cavallo di legno che nasconde i greci che conquistano Troia, Il Riccardo III di Shakespeare che si finge umile per ottenere il trono, il lupo che dispensa consigli ingannevoli a Cappuccetto Rosso…
La figura del falso buono, o del “bâtarde déguisée” come lo definisce il linguista cognitivista nonché arrotino e ombrellaio francese Jean-Baptiste De Batterave nel suo “Contextualisation agricoles de l'auto-indulgence », è assai diffusa nella storia della letteratura, tale allegoria serve a ricordarci che il nemico assume spesso forme insospettabili, rassicuranti, si avvicina a noi fingendosi innocuo o addirittura sodale, si guadagna la nostra fiducia; alle volte attende solo il momento buono per affondare il suo pugnale nel nostro fianco, altre volte ci avvelena lentamente senza che noi ce ne rendiamo conto. Si tratta del paradigma del Böse Koch, (per dirla con l’oftalmologo tedesco Kurt Eichel), riscontrabile in molti prodotti della cultura pop, apparentemente innocue opere di intrattenimento, in realtà subdola propaganda fascista veicolatrice di narrazione tossica.
Un esempio di questa propaganda si può riscontrare, in modo piuttosto evidente, nei libri per l’infanzia della serie “Where is Wally?”, dell’autore Martin Handford.
L’opera di Handford si presenta sottoforma di grandi illustrazioni quasi Bruegeliane, affollate da innumerevoli personaggi vestiti perlopiù in modo simile, in ogni tavola il lettore viene invitato a individuare Wally in mezzo alla folla.
Ma chi è Wally? E perché deve essere “scovato”? Proviamo a tracciarne un profilo.
Wally porta gli occhiali, il che suggerisce che si tratti di un intellettuale, il suo ciuffo fluente pettinato su un lato è un chiaro indizio di omosessualità, l’immancabile bastone da passeggio ci indica invece che egli è un debole, mentre lo zaino da campeggiatore, il cappellino di lana e il cane che sovente lo accompagna completano il quadro dandoci l’idea di avere a che fare con un giovane vagabondo di sinistra, forse uno squatter, probabilmente anche tossicodipendente (il che spiegherebbe la sua magrezza).
Insomma, Wally incarna tutto ciò che la destra avversa e appare chiaro che l’intento di Handford sia quello di abituare il giovane lettore a riconoscere queste caratteristiche e a isolare automaticamente l’individuo che le possiede dal resto della società, un processo paraipnopedico già teorizzato dallo psichiatra centometrista inglese Thomas Overwrought nel suo saggio “Ten ways to butter a danish barrister”.
“Sono fra noi, si mimetizzano nella società, sono simili a noi ma in realtà sono diversi, sono estranei, bisogna aguzzare la vista, stare in guardia, hai controllato nel mobiletto del bagno?”, sembra suggerire l’autore, del resto il tentativo di inculcare nella società una cultura paranoide e mixofobica non è certo nuovo alla destra, ne parlava già il sociopolitologo spagnolo Felipe Bostezar nel 1844, nel corso di una riunione di condominio a Ginevra.
Un'altra caratteristica dei libri della serie di Wally è che sono perlopiù privi di testo, questo serve a abituare le masse, fin dalla tenera età, a privilegiare i libri di figure a discapito della letteratura scritta e quindi inibire le capacità di pensiero, è la famosa “cultura dell’incultura” a cui si riferiva l’erpetologo del 700 Palmiro Papetti nel suo “Studi di prospettiva assonometrica nell’ambito della tassidermia coercitiva”.
Se quanto sopradescritto appare fin troppo evidente c’è da considerare però che a questa interpretazione dell’opera di Handford se ne deve contrapporre un’altra, apparentemente antitetica ma in realtà tendenzialmente speculare e sostanzialmente equipollente.
L’autore sa che esiste la possibilità che il giovane lettore manifesti empatia nei confronti del protagonista, tenda cioè a identificarvisi. Per scongiurare il rischio che questo favorisca lo svilupparsi di idee progressiste nelle nuove generazioni Handford incanala la narrazione su un Phylum diverso, pur rimanendo in un frame ideologico di destra.
Visto da un'altra prospettiva il personaggio di Wally infatti istiga smaccatamente al conformismo, ne è una prova il fatto che il personaggio si vesta come la maggioranza dei suoi concittadini, ci si presenta quindi come un “modaiolo”, in quanto tale l’individuo quasi sparisce nella folla, una scelta grafico-narrativa che chiaramente ha lo scopo di inculcare nelle giovani menti il concetto che la personalità sia una cosa da rigettare, che una società funzionale debba fondarsi inopinabilmente su un appiattimento identitario, sul trionfo del pensiero unico, il famigerato “Schwanz im Arsch” paventato da Albrecht Posaune, docente di urologia psichiatrica all’università di Albern in Germania.
Come se non bastasse, Wally frequenta solo luoghi estremamente affollati: spiagge, fiere, centri commerciali, metropoli, va da se che l’esaltazione di questi luoghi corrisponde a un’esaltazione del consumismo e della sua scala di valori corrotta.
Vista da questa angolazione Wally acquista indubbiamente la connotazione del cittadino perfetto per l’immaginario capitalista, l’individuo ridotto a animale da consumo e defraudato da qualsiasi identità e originalità, che si sente realizzato solo quando perde la sua individualità e si conforma alla massa, anche perché parliamoci chiaro: Wally isolato dalla folla è soltanto un disadattato vestito come un coglione.
Detto questo credo che sia necessario aggiungere un’ulteriore considerazione, ovvero che anche qualora le due chiavi di lettura, quella mixofobica e quella conformista, finissero per annullarsi a vicenda ne risulterebbe una mancata presa di posizione da parte dell’opera e ciò favorirebbe indubbiamente lo svilupparsi, nel fruitore della stessa, di una mentalità qualunquista e quindi criptofascista, come dimostrato dal climatologo irlandese Robert Wanker durante un convegno sulle proprietà organolettiche degli insaccati equini tenutosi nel 1987 in uno scantinato sull’isola di Montserrat.
Il gioco perverso di Were is Wally è l’ennesimo esempio di quanto la nostra società sia intrisa della narrazione tossica di matrice fascista e reazionaria e di quanto abbiate bisogno che gente come me, dotata di un’intelligenza e di una cultura incredibilmente superiore alla media, rischiari le tenebre della vostra squallida ignoranza con la luce viva del proprio ego.
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