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Infuria la polemica tra i due direttori dello storico mensile di satira

Vincenzo e Vincenzo: perche' farsi del "Male"?

Tra amarcord, revival e frecciate al vetriolo, volano stracci tra i "big V" della satira. A noi interessa soltanto che uno scriva e l'altro disegni, perche' gli riesce meglio del battibecco.
11 dicembre 2011 - Vincenzo Sparallo

Vincenzo Sparagna e Vincino Gallo, ai bei tempi del "Male" storico.

In questi giorni il nostro piccolo mondo fatto di penne e matite è stato scosso dalle feroci polemiche tra i due Vincenzo della satira italiana, Gallo in arte Vincino e Sparagna in arte Tersite.

 
Li ho conosciuti da ragazzo per la loro capacità di descrivere con grande efficacia gli umori del nostro tempo, il primo (Gallo) con magnifici reportage disegnati da Montecitorio, il secondo (Sparagna) con lucidissimi editoriali e azioni situazioniste che lo hanno spinto fino al cuore della guerriglia afghana a distribuire giornali falsi.

Poi li ho conosciuti anche personalmente, e da ciascuno di loro ho imparato qualcosa: c'è il Vincenzo più concreto e operativo e quello più intellettuale e filosofo, entrambi hanno grande esperienza su come sopravvivere nella feroce giungla editoriale.

Da ragazzi si convive più facilmente, si tollerano meglio i difetti degli altri e i panni sporchi delle litigate si lavano nel chiuso delle redazioni. Ma col passare degli anni si diventa più polemici, e a distanza di trent'anni sono esplosi vecchi rancori covati sotto il tappeto.

Tutto è cominciato con il contropiede situazionista di Sparagna, che ha fatto uscire a sorpresa "Il Nuovo Male" anticipando di vari giorni "Il Male di Vauro e Vincino" che era nell'aria da tempo. Il "J'accuse" di Sparagna è impietoso: Vauro è un "ex fuggiasco", che ha abbandonato la trincea "dopo il n.3 del vero Male per paura che lo accusassero di essere estremista". 

Risponde Vincino, che lo smentisce rincarando la dose: "Sparagna non è mai stato direttore, peraltro non avrebbe mai potuto esserlo, anche perché era odiato da tutti". E organizza perfino una diretta in streaming per ribadire la sua versione della storia.

Il ping-pong tra i due maestri continua, e Sparagna non se la tiene: "La pretesa di Vincino di essere stato (oltre che uno dei fondatori, cosa giustissima) anche l'unico direttore del Male dopo Pino Zac è una leggenda che ha costruito nella sua testa".

Dalla mia prospettiva di lettore, mi interessa poco dei titoli onorifici, degli amarcord, delle ricostruzioni storiche e dei conflitti individuali che hanno costellato la storia della nostra satira. Per la battaglia della libertà di espressione Sparagna è andato in galera e Vincino ha attraversato altri calvari giudiziari, e queste per me sono medaglie che contano molto di più del titolo formale di direttore.

Ma al di là di tutto, quello che so per certo è che il Male è stato un prodotto collettivo di vari gruppi creativi e singole genialità, indipendentemente da chi fosse il direttore in quel momento, che ognuno ha le sue miserie umane, e che Vincenzo (ognuno dei due) non va valutato per il suo spessore morale, per i suoi colpi bassi, per le microtruffe editoriali o per i suoi aneddoti di satira vintage, ma per quello che scrive e disegna. E in questo ognuno dei due è tra i migliori in quello che fa. Se solo la smettesse di perdere tempo per litigare con Vincenzo.

Direte voi: sì, ma Mamma! che cosa c'entra in tutto questo? Voi siete una rivista a parte. Questo è vero, siamo un caso a parte perché cerchiamo di fare giornalismo a fumetti e non soltanto satira, e perché non facciamo questa rivista per mestiere retribuito, ma per passione volontaria, in attesa che i lettori aumentino e ci permettano di autopagarci senza dover chiedere la paghetta a nessun editore. 

Proprio perché abbiamo avuto il piacere di conoscere e frequentare entrambi i Vincenzi, sappiamo che queste faide non fanno bene alla satira, mortificano la nostra passione di artigiani della microeditoria e la passione ribelle dei lettori che oggi sono chiamati a schierarsi con un Vincenzo mentre vorrebbero stare sempre e comunque dalla parte della lotta culturale contro il potere, della buona satira, del fumetto d'autore, delle vignette coraggiose, degli articoli che non fanno sconti a nessuno. E restarci indipendentemente dal Vincenzo che li pubblica.

Le miserie umane e i colpi bassi fanno parte del gioco, nessuno chiede ad una redazione di satiri di essere un convento di irreprensibili chierichetti, e dalla prospettiva del lettore quel che conta è l'espressione artistica: poco importa se dietro la matita o la penna c'è un tossicodipendente suo malgrado, un poco di buono, un rompicoglioni, un nevrotico, uno che si vende agli annunci pubblicitari degli shampoo, un collaborazionista della stampa di regime o uno sfruttatore di collaboratori "aggratis". Gli autori del Male sono stati e saranno tutto questo e altro ancora, ma nessuno si è mai sognato di chiedergli la patente di bravi ragazzi, il certificato penale, le analisi del sangue o le referenze del parroco. L'importante è che ci facciano sognare un mondo libero dove le pernacchie fatte al re non ti costano la ghigliottina.

Anche noi viviamo sulla nostra pelle la fatica di far convivere in uno stesso progetto il lato oscuro di decine di artisti, che rallegrano la vita degli altri quando scrivono e disegnano, ma nel mondo reale la rendono più complicata con caratteri ingestibili, idiosincrasie, atteggiamenti da primadonna, rancori atavici tra colleghi, incapacità di giocare in squadra, ego ipertrofici, ipersensibilità individuale, manie dei generi più vari e altri mille problemi che affliggono anche le migliori famiglie artistiche. Ma quello che conta è che siano bravi in quel che fanno, anche se non sarebbero i primi con cui vorresti ritrovarti su un'isola deserta.

Proprio per questo ci sentiamo di poter dire che l'unico modo per dare un futuro alla satira, al fumetto e al giornalismo è quello di superare l'individualismo e sentirci parte di un racconto collettivo illustrato dove hanno diritto di cittadinanza tutte le voci libere, purché siano fuori dal coro.

E il conflitto si potrebbe chiudere così senza troppi problemi: cari Vincenzi, giocatevela a birra e salsicce come Bud Spencer e Terence Hill, o in alternativa a chi fa la rivista migliore, a chi paga meglio i collaboratori, a chi sa scommettere sulle innovazioni più efficaci, a chi attira il maggior numero di lettori, a chi sa sperimentare nuove ricette anziché riscaldare la solita minestra col fuoco di inutili rancori. Che ognuno faccia il meglio che sa, e poi saranno i lettori a dirci dov'è andato a finire lo spirito del "Male".

Magari un pò di questo spirito lo troveranno anche da noi, che le edicole le guardiamo da lontano come una terra promessa per la nostra scelta autarchica e caparbia di non appoggiarci a nessun padrone, editore, finanziatore, contando solo sul rapporto diretto tra noi che stampiamo e le perosne che ci leggono. 

Quelle edicole, dove oggi voi vi impantanate nei bisticci senza sapere quanto siete fortunati a stare lì dentro, per noi sono un paradiso della satira dove potranno portarci solo i nostri lettori se saremo abbastanza bravi a fare il nostro mestiere.

E voi che in quel paradiso ci siete già per la vostra grande esperienza, non perdete troppo tempo a lustrarvi le aureole: pisciate sulla testa dei potenti dall'alto delle vostre nuvole di carta, come solo voi sapete fare. Noi nel frattempo vogliamo ricordarvi con questa foto in cui eravate ancora giovani e colleghi, per ispirarci a un'epoca in cui un gruppo d'artisti ha deciso di cambiare la storia della satira, e provare a rifarlo a modo nostro.

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