Il welfare tedesco e l’espansionismo economico della Germania
Il welfare tedesco e l’espansionismo economico della Germania
L’esclusione del Regno Unito dalle decisioni assunte nel corso dell’ultimo vertice europeo in materia di regime fiscale, è un segno inequivocabile dell’egemonia tedesca nell’area dell’euro ed avvalora la tesi secondo cui è sempre più diffuso e prevalente un orientamento politico a favore di una “germanizzazione” dell’eurozona, dietro cui si riparano e si consolidano gli interessi del grande capitale finanziario internazionale.
Il progetto egemonico tedesco era evidente fin dall’inizio. Attestare i capitali dietro lo scudo tedesco (finché regge) non è solo un’operazione di auto-difesa. Nel breve periodo la Germania disporrà di una massa di capitali tale da far pendere la bilancia dalla parte dei suoi interessi divenendo l’interlocutore europeo privilegiato del capitale finanziario mondiale, tramite il quale sarà possibile “normalizzare” l’Europa, ovvero inquadrarne le politiche economiche in modo funzionale agli interessi del grande capitale finanziario.
Ma la stabilità tedesca dipende dalla tenuta di tutti i Paesi dell’eurozona e per consentirle di reggere esige che i Paesi economicamente precari siano espunti dall’area o ridotti a ruoli marginali e ininfluenti. Per tale ragione si è limitato al massimo il tetto degli aiuti erogati ai Paesi in crisi e si sono poste condizioni draconiane a tutti i Paesi dove più grave appariva il rischio di uno sforamento del patto di stabilità dell’euro, ultima in ordine di tempo l’Italia. Non accettare il diktat della BCE significava uscire automaticamente dall’area dell’euro e vedere ridotti a carta straccia i titoli di stato.
Dunque, per restare nell’area dell’euro è stata posta la condizione di soddisfare subito il pagamento degli interessi sui debiti pubblici e ridurre progressivamente tale debito fino alla solvibilità dei singoli Stati. Il carro armato tedesco, al riparo del quale si colloca il grande capitale finanziario in Europa, non può frenare la sua marcia, ma deve avanzare travolgendo tutto ciò che rischia di pregiudicare o compromettere la solidità dell’euro.
Il ripiegamento dell’espansione dell’area dell’euro ha il preciso scopo di rafforzare le possibilità di resistenza alla crisi in una roccaforte da cui i Paesi più forti in Europa possono scaricare i più deboli, quelli meno capaci di far pagare la crisi ai proletari e che invocano aiuti per reggersi ancora. Non a caso, Germania e Francia rifiutano di emettere Eurobond, poiché esse dovrebbero coprire e garantire eventuali default degli altri Stati.
Di ripresa non se ne parla, anzi prosegue sistematica ed inarrestabile la liquidazione dell’industria e quant’altro. Dunque, la conclusione è questa, chiara ed inequivocabile.
L’obiettivo tedesco è di alleggerire la nave dell’euro scaricando le zavorre inutili e per restarci le condizioni sono precisamente quelle esposte in precedenza. Ma bisogna riflettere sui limiti di una simile operazione. La forza della Germania risiede soprattutto in due aspetti: un welfare all’avanguardia e l’attivo della bilancia commerciale con gli altri Paesi. E’ noto che essa esporta principalmente all’interno del mercato europeo.
Proviamo a chiederci per quali ragioni storiche la Germania possiede un welfare robusto.
Bismarck fu l’inventore del welfare tedesco e la stessa politica sociale di Hitler dovrebbe essere studiata meglio: i pensionati non pagavano tasse, lo Stato pagava la metà del prezzo d’acquisto di una casa, la scuola era gratuita, le vacanze erano gratis per tutti i giovani. Chi pagava? Prima gli Ebrei, spogliati di tutto, poi i Paesi occupati dal Terzo Reich. Ma all’interno della Germania la compattezza intorno al nazional-socialismo era di ferro. Il popolo tedesco sapeva bene la provenienza di quel benessere.
Oggi il welfare tedesco è addirittura progredito, ed era già il migliore. Che si inietti miseria negli altri Paesi dell’eurozona, che questa miseria divenga un motivo di debolezza utile al dominio del mondo finanziario, ben venga, secondo i capitalisti tedeschi. Anche Hitler lavorava per i capitalisti tedeschi, ma oggi il padrone è il capitale finanziario internazionale, vale a dire le grandi banche d’affari e i gruppi economico-finanziari sovranazionali. Una parte di questo padrone mondiale è senza dubbio tedesco.
Lucio Garofalo
Se vuoi sostenere questo sito, Richiedi uno dei nostri libri e combatti con noi il degrado culturale.
Commenti
Inserisci il tuo commento