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Cronisti, commentatori e watchdog

Il giornalismo spiazzato da Mario Monti

Quando la politica diventa piu' veloce dell'informazione.
12 novembre 2011 - Carlo Gubitosa

Mario Monti visto da Mauro Biani

Che ruolo dovrebbero avere i giornalisti in questa stagione critica sul fronte politico, economico, sociale e perfino geologico? Ci sono alcuni che fanno i registratori dell'esistente, e si limitano a trascrivere dichiarazioni, azioni politiche, comunicati e veline del palazzo.

E questo tipo di approccio e' quello che va per la maggiore, piu' che altro per le regole non scritte che determinano la notiziabilita' degli eventi e condizionano i processi redazionali. Per loro Mario Monti e' semplicemente e oggettivamente un senatore a vita di fresca nomina in odore di premiership.

Ci sono poi gli editorialisti/commentatori/corsivisti, in numero inferiore ai cronisti ma con un impatto molto piu' forte sulla cultura e sull'opinione pubblica, quelli che oltre a fare sintesi con la cronaca vogliono fare anche analisi con la logica.

Sono i cosiddetti "opinion maker", che si mettono davanti ad una sfera di cristallo fatta di dati e ragionamenti, per aiutarci a capire dove andremo a finire, quali saranno le prossime mosse dei potenti, come interpretare le loro decisioni.

Ma in questi giorni alcuni "fabbricanti di opinioni" sono rimasti spiazzati e "inceppati" nel confrontarsi con la repentina ascesa di Mario Monti, un outsider della politica che le sfere di cristallo dei media non hanno mai inquadrato a dovere. Per loro Mario Monti e' una incognita.

Tra questi l'esempio piu' emblematico di questi giorni e' Alessandro Gilioli, acutissimo e raffinato analista dell'era berlusconiana, vicino al PD ma sempre in modo critico e mai "adagiato" sulle posizioni ufficiali, che pero' oggi si ferma di fronte al buio che circonda la figura di Mario Monti, e dichiara ufficialmente sul suo blog che su questo personaggio "al momento non ne sappiamo una mazza, né io né voi, quindi siamo costretti a dire di sì o di no al buio".

E Gilioli propende per il si' "in nome dell'emergenza economica e della salvezza nazionale, si sa, ma anche come tassa finale per uscire dal berlusconismo, tipo quei paesi del terzo mondo che all'aeroporto ti chiedono trenta dollari per andartene".

In questo si fa interprete efficace dei due sentimenti piu' diffusi degli ultimi tempi: "chiunque tranne Silvio" e "proviamole tutte per uscire dalla crisi", sentimenti legittimi ma che a volte impediscono di decidere con la dovuta ludicita'.

C'e' poi quella minoranza di "penne militanti" che associa il loro ruolo di giornalisti ad un forte senso di responsabilita' sociale nel rivestire il ruolo di "watchdog", considerandosi "cani da guardia" del potere, che va sempre criticato, analizzato e sottoposto al giudizio critico dell'opinione pubblica, anche quando gli uomini di potere hanno un passato apparentemente senza macchia. Per loro Mario Monti e' una espressione dello stesso sistema di potere bancario e finanziario che ha ricavato enormi profitti dalla crisi economica dell'area euro, e in quanto tale un "nemico" che ci stiamo mettendo in casa.

Tra questi c'e' Alberto Puliafito, che gia' in due occasioni ha rivestito il ruolo scomodo della Cassandra di turno, quando ha indagato sulla Protezione Civile prima che Bertolaso fosse travolto da scandali giudiziari e quando in tempi non sospetti ha sollecitato alle redazioni con cui collabora (purtroppo invano) un servizio sul dissesto idrogeologico del territorio sentendosi rispondere che "non c'era la notizia", quando la notizia per gli abitanti di Roma e Genova sarebbe arrivata di li' a pochi giorni. 

Di fronte al "fenomeno Monti", Alberto ha applicato quella "presunzione di colpevolezza" che non va bene nei tribunali per mandare in galera qualcuno ma spesso serve nel giornalismo per esercitare il senso critico.

Lo ha fatto riavvolgendo per primo (almeno in rete) tutti i fili che legano Mario Monti a potenti lobbies dell'economia e della finanza globale, come la commissione Trilaterale, l'Aspen Institute, il club Bilderberg, il Bruegel (un prestigioso "think tank" di Bruxelles), la Goldman Sachs, tra le più grandi e affermate banche d'affari del mondo, e perfino la Coca-Cola company, il simbolo per l'eccellenza dell'economia globalizzata. Organizzazioni in cui Monti ricopre il ruolo di advisor, consulente, o semplice membro registrato.

Personalmente, forse anche per qualche capello bianco in piu' sulla testa, mi sento vicino alla visione del giornalismo dei "watchdog", ma come Gilioli anch'io mi sento carente di informazioni sufficienti. Anche se posso sospettare che il futuro premier sara' eterodiretto da poteri e interessi estranei all'interesse pubblico, mi risulta difficile affermarlo con certezza assumendomi la responsabilita' di porgere queste mie convinzioni al lettore come fece a suo tempo Pasolini.

Solo un grande pensatore come Pasolini poteva permettersi di dire "io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero". Io provo a farlo, ma alla fine so di non sapere e non ho sicurezze da offrire.

E quindi non mi resta che fare un po' di tutto, raccogliendo dati come un registratore, analizzandole come un editorialista e ragionandoci sopra come un watchdog, per affermare che Monti non e' sceso da Marte, che un passato ce l'ha, che questo passato poteva essere privato o quasi fino a ieri ma da oggi deve risponderne davanti a sessanta milioni di cittadini in quanto senatore, e che anche attorno a lui, come gia' fu per Berlusconi, aleggiano domande critiche, che riguardano un tema molto piu' serio delle frequentazioni con minorenni: le politiche economiche globali e le loro potenziali conseguenze sul nostro paese.

Per questo motivo il risultato della mia riflessione sull'ascesa di Mario Monti non sara' ne' cronaca, ne' analisi, ne' sintesi: solo alcune domande che mi sembrano legittime e doverose per chi pensa che la democrazia non sia qualcosa da subire, ma un processo a cui partecipare.

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