Capi non firmati
Se la Lacoste è intervenuta con tutto il suo peso lobbistico per impedire allo stragista di Oslo di continuare a indossare indumenti col celebre logo del coccodrillo, perché non intimare altrettanto ai carnefici della politica italiana?
È quanto devono aver pensato le grandi firme del made in Italy a tutela dell’onorabilità del proprio marchio seriamente minacciato negli ultimi tempi dalla nonchalance con cui leader ormai screditati e tirapiedi di contorno indossano capi che abbisognerebbero di ben altra pubblicità.
Basta quindi con l’esibizione di canottiere imbrattate di polenta misto cenere di sigaro da parte del Senatùr, decaduto simbolo di virilità e rustichezza padane oggi piuttosto sinonimo di impiastricciamento mentale oltre che corporale. A far recedere il capo della Lega sarebbe bastato a quanto pare la minaccia da parte della stessa ditta di intimo di bloccare la produzione di bavagli colorati per il figlio Renzo.
Niente più tacchi 12 e foulard di seta per l’onorevole Santanchè da quando nugoli di transessuali dalla mascella volitiva assalivano le boutique per assomigliare a quel loro collega dalla voce stridula e dal sensuale dito medio scorto varcare la soglia di Montecitorio come fosse uno/a di casa.
Divieto di camicioni verdi XXXL per l’eurodeputato Mario Borghezio dal giorno in cui ha confessato di condividere le ragioni del già citato pluriomicida norvegese. Da allora avviene immancabilmente che i clienti si ostinino a non provare la blusa nel timore di sparare automaticamente cazzate (pare invece che ne avrebbero fatto richiesta Charles Manson dal carcere degli Stati Uniti in cui è rinchiuso a vita e un anonimo filantropo della Lapponia decisosi a fare a meno della sua classica divisa rossa in occasione della strage di bambini che sta organizzando in vista del prossimo Natale).
Tailleur preclusi a Mara Carfagna causa esaurimento scorte dopo l’assalto ai magazzini di orde di lolite adolescenti desiderose di emulare la carriera del ministro delle Pari opportunità, però all’inverso: dall’eleganza della politica alla nudità dei calendari.
Stop alle cravatte Regimental e ai doppiopetto Caraceni esibiti dal presidente del Consiglio in questi anni di successi elettorali e simposi internazionali. La decisione di ostare a nuovi acquisti del Cavaliere sarebbe scattata da quando un numero crescente di clienti sulla settantina giungeva infoiato nei negozi e ansimava nelle orecchie delle commesse un candido “ma sì, dai, quel completo che fa uscire matte le minorenni…”.
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