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il vento non cambia mai

26 giugno 2011 - paolo de gregorio

- il vento non cambia mai -
di Paolo De Gregorio, 25 giugno 2011

Chi pensava che le vittorie di Milano, Napoli e dei Referendum fossero l’inizio di un profondo ripensamento di tutti i partiti, eccolo servito: si offrono salvagente al Cavaliere in coma, si è disponibili a leggi che limitano le intercettazioni telefoniche, si continua nel minuetto delle alleanze, la gente non conosce né il programma della opposizione, né da quali partiti sarebbe costituito un eventuale nuovo governo.
L’unica verità che dice B. è che lui è insostituibile perché l’opposizione è divisa e non ha un leader.

Qualche giorno fa, un solo personaggio di un certo peso, Marco travaglio, ha detto una cosa chiara, non da giornalista, ma da leader politico, in prima pagina su “il Fatto Quotidiano” che recitava così: “grazie grandi partiti per averci convinti definitivamente che dobbiamo fare da soli”.
“Voce dal sen fuggita”? Forse. Ma una persona seria come Travaglio intuisce la crisi della casta partitocratica, sa che essa ha perduto il contatto con la realtà. Le vittorie elettorali sono state ottenute dall’iniziativa e dall’impegno di centinaia di comitati di cittadini, organizzati autonomamente, senza soldi, appoggiati dal tam tam della Rete, spinti da un malcontento diffuso che vede i giovani nella precarietà e disoccupazione, senza un futuro, dentro una crisi economica strutturale determinata dalla globalizzazione.

Come può esserci una ripresa economica e quindi più posti di lavoro, se migliaia di aziende delocalizzano all’estero dove la manodopera costa di meno, e se migliaia di aziende chiudono perché i loro segmenti di mercato sono stati conquistati dai paesi emergenti?
L’assenza di futuro, il malessere giovanile, la natura della crisi, oggi hanno bisogno di analisi nuove, di risposte vere, all’altezza della gravità della situazione e nessun partito della attuale opposizione si è preoccupato di aprire gli occhi agli italiani, anche se è suicidio pensare che i problemi e la crisi si risolveranno come in passato.

La questione di questi giorni la crisi della Fincantieri è semplice: la Cina e la Corea del Sud fabbricano navi più economiche, più in fretta e hanno sottratto le commesse ai cantieri navali italiani.
Se qui non c’è una mano pubblica, politica, che interviene sull’economia e, nel caso specifico finanzia le autostrade del mare, con navi veloci che vanno da Palermo a Genova, da Bari a Venezia, con modernissime navi veloci per trasporto merci, con l’obiettivo di svuotare le autostrade e rendere inutile il ponte sullo Stretto, la Fincantieri chiuderà.

Abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente, in grado di progettare una strategia di autosufficienza energetica, con le rinnovabili (eolico, solare, biogas, geotermia) con un piano energetico che vada dalla progettazione alla costruzione, alla installazione di queste nuove tecnologie nei prossimi 30 anni, senza mega-impianti, ma per rendere ogni attività industriale, artigiana, contadina, autosufficiente energeticamente, come anche tutte le abitazioni.
Ciò significa non lasciare un piano energetico in mano agli speculatori, ma con una salda guida pubblica.
Se, invece dei nostri politici di oggi, incapaci, avidi, malavitosi, avessimo dei bravi amministratori, la questione dei rifiuti avrebbe una risposta seria, con un piano nazionale, per cui ogni comune di una certa dimensione deve possedere impianti che trasformano la frazione umida in biogas, e le frazioni differenziate affidate ai Consorzi privati del riciclo,trasformando i rifiuti da problema a vantaggio economico.

Quanto all’agricoltura, oggi in Italia produciamo solo il 30% del nostro fabbisogno alimentare e una qualunque crisi petrolifera o del trasporto su gomma in pochi giorni ci porterebbe alla fame.
Un piano nazionale e regionale che preveda la nostra autosufficienza alimentare dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi vuole incidere sulla crisi e garantire almeno un futuro di sopravvivenza, con una incentivazione al trasferimento in campagna di migliaia di giovani debitamente aiutati.

Ci serve con urgenza una classe politica totalmente rinnovata che si occupi con capacità ed onestà dei problemi veri del paese e sappia trovare le soluzioni.
Questa nuova classe dirigente può essere messa insieme da un programma politico-economico che sappia comprendere la natura della crisi e fissi i punti più importanti per uscirne definitivamente.
Tutti coloro che hanno delle idee in proposito possono metterle in Rete e vediamo se si può arrivare ad un risultato.
Paolo De Gregorio

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