Carlo Lucarelli e i Misteri d'Italia - La parodia definitiva !
(Lucarelli entra, tutto vestito di nero come un becchino, lo sguardo allucinato, si ferma e rivolto al pubblico inizia a parlare con un accento emiliano un po' forzato)
Ci sono misteri, nella storia d'Italia, che sembrano destinati a non avere mai soluzione.
(Lucarelli mano in tasca con l'altra capta l'attenzione del pubblico passeggiando lentamente sul palco).
A volte questi misteri hanno il nome di un uomo: Giulio Cesare. Questa sera parliamo del mistero del suo omicidio. Uomo di potere, un dittatore, questa è la storia di quest'uomo, di quello che avrebbe voluto fare, e anche quella degli uomini che riuscirono a impedirglielo. Le idi di marzo: il 15 del mese di marzo del 44 a.C..
Cesare si sveglia la mattina, si fa la doccia, sembra dalle testimonianze di alcuni suoi servi che si sia fatto anche il bidet, nonostante abbia vissuto lungamente in terra inglese; poi, fatta la colazione, saluta la moglie Calpurnia.
Calpurnia è agitata quella mattina, non vuole che il marito vada al lavoro, ha dei presentimenti nefasti e li esterna al marito. Cesare pensa: la solita rompicoglioni.
Esce, e si reca in Senato.
Ci sono due scuole di pensiero, due filoni di indagine sui presagi di Calpurnia: il primo che la stessa fosse una indovina, l'altro, più veritiero, che portasse una sfiga pazzesca (Lucarelli si tocca i testicoli).
Molti testimoni hanno affermato che la morte di Cesare fu preceduta da un incredibile numero di presagi: da più parti si videro bruciare fuochi celesti, uccelli solitari giunsero nel foro e si udirono strani rumori notturni. La magistratura ha escluso che fosse una festa organizzata da Marrazzo. Si indaga, quindi, su cosa abbiano fumato i testimoni di questi presagi e soprattutto dove andarla a comprare quella roba ! (sguardo avido di Lucarelli rivolto al pubblico).
Cesare quella mattina si reca lo stesso al Senato: è senza scorta. Perché ? (sguardo di Lucarelli con occhi sbarrati fissi sul pubblico quasi a interrogarlo).
Intervistato, il Pubblico Ministero di allora Antonio Di Pietro ha riferito che tutti gli agenti di Polizia erano stati spostati a fare la scorta ai camorristi minacciati da Saviano.
Saviano: ricordiamocelo questo nome.
Lungo la strada che lo conduce al Senato, Cesare incontra un uomo, un certo Artemidoro, che gli consegna un pezzo di carta in cui lo ammoniva del pericolo che stava per rischiare. Ma Cesare lo interpreta come un pizzino di Provenzano e non volendo coinvolgimenti con la Mafia lo strappa e lo getta a terra senza leggerlo redarguendo beffardo il povero Artemidoro: "Mi chiamo Giulio, ma mi confondi con un altro! Ecchecazzo!". (Lucarelli allarga le braccia immedesimandosi nel personaggio di Cesare, poi riprende il suo impassibile racconto).
Come se non bastasse, proprio fuori l'edificio denominato Curia di Pompeo, dove si riuniva il Senato,Cesare viene avvicinato da un altro uomo, tale Spurinna il quale gli ricorda che se entra in Senato nelle idi di Marzo morirà. Cesare lo redarguisce: "A mafiosi de merda, avete rotto er cazzo co 'ste minacce! Io ve scajo contro l'amichi mia della Magliana !". (Lucarelli muta accento da Emiliano in romano per poi riprendere il suo contegno sussieguoso).
Abbiamo intervistato il Pubblico Ministero di allora Antonio Di Pietro il quale ha confermato la pista mafiosa, dopo essere stato tradotto dal molisano al latino, dal latino, al greco e dal greco in padano.
Di Pietro: ricordiamocelo questo nome.
Calpurnia, Artemidoro, Spurinna: successivamente divennero pentiti di mafia e fecero nomi e cognomi di mandanti e complici. Inchiesta insabbiata, arenatasi per duemila anni, i soliti tempi della Giustizia italiana.
Ma la domanda ora è: che fine hanno fatto i turtelen che ho ordinato da Emilia Lomagna che se non lo magna lo cuccia che è un piacere ? (sguardo lussurioso di Lucarelli).
Riprendiamo il racconto per ora.
Cesare entra in Senato. Ci sono tutti: Bruto detto Gianfranco, Antonio, Publio Servilio Casca Longo (noto mafioso con studio legale a Roma), Cossiga, Andreotti, Tardelli, Rossi, Donadoni, Previti etc..
Previti: ricordiamocelo questo nome.
(Lucarelli inizia il racconto dell'omicidio di Cesare quasi fosse un telecronista di una partita di calcio).
Bruto detto Gianfranco distrae sulla fascia laterale del campo Antonio, mentre Casca Longo dà il suo primo affondo, passa il coltello a Andreotti il quale invece di affondare dà un calcio allo stinco: fallo ! L'arbitro non vede ! Si prosegue. Cossiga, Tardelli, Tardelli a Rossi, Rossi, Rossi, passa a Bruto...la folla è in delirio! Momento caldo, momento bello !
(Lucarelli si riprende dall'enfasi calcistica ma non tanto, e con tono calmo prosegue)
Cesare è dinanzi a Bruto: coltellata di rigore.
Cesare guarda Bruto e gli dice: "Me chiamo Giulio non Silvio ! A Gianfrà' ecchecazzo!"
Ma Bruto Gianfranco Fini sferra anche lui il tiro: goal!
Gianfranco Fini: Un nome da dimenticare.
Silvio: ricordiamocelo questo nome !
FINE ?
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