Antonio Gramsci spiega la crisi della Fiat
La FIAT ha perduto la sua battaglia... Questo fatto dipende forse da una momentanea defaillance della capacità tecnica dei costruttori della FIAT o da una rimediabile disorganizzazione dell'industria, o da un inizio di decadenza senza rimedio?...I capi della FIAT erano allora veramente "capitani dell'industria", esperti, sagaci, arditi e prudenti nello stesso tempo. In che cosa li ha trasformati la guerra? In cavalieri d'industria. Essi hanno abbandonato la tradizione degli anni passati per cercare fortuna nel campo della speculazione più temeraria, nei giuochi di banca più pericolosi...
Si aggiunga che innumerevoli industrie sorsero durante il conflitto mondiale, che aggruppamenti potentissimi di finanzieri si formarono nell'intento di conquistare industrie, banche, mercati. S'iniziarono per conseguenza lotte furibonde a colpi di milioni. Si cominciò a cercare nella speculazione l'arma che permettesse di resistere agli avversari, si tentò con artifizi di borsa di far fallire i piani minacciosi dei concorrenti...
La FIAT non è rimasta estranea a queste competizioni. L'attività del comm. Marchionne, in altri tempi rivolta a migliorare il funzionamento dell'azienda industriale, è rimasta quasi completamente assorbita dalle manovre dei gruppi di banchieri, che si assaltavano a vicenda... L'uomo, il grande capitano d'industria, si è infiacchito rapidamente. I suoi nervi scossi violentemente dalla continua tensione gli hanno tolta la lucidità di mente, la freddezza necessaria per chi sta a capo di una grande azienda. Mentre la concorrenza industriale si trasformava in una rovinosa competizione di gruppi bancari, il capitano d'industria si trasformava fatalmente in speculatore, in cavaliere d'industria. A questo punto è cominciata la decadenza della FIAT. Marchionne, il liberale Marchionne, scosso da tante fatiche, con un colpo di testa rinunciava alla simpatia degli operai adottando una politica reazionaria verso le maestranze. Per sbarazzarsi dei comunisti non ha più tenuto conto né dell'organizzazione tecnica degli stabilimenti né delle esigenze molteplici dell'industria. Molti fra i migliori operai furono licenziati per scuotere le basi dell'organizzazione operaia d'officina. In molti reparti vennero a mancare gli elementi tecnicamente più capaci, i più esperti produttori. I non licenziati, profondamente colpiti nelle loro idealità dalla reazione furente, sotto la minaccia del licenziamento, costretti a lavorare in un'atmosfera di reciproca diffidenza, furono messi in condizione pessime per la continuità e per la bontà della produzione...
I capitalisti, impegnati nei giochi di borsa, non potevano rinunciare neppure ad una parte dei loro profitti per trarre da questa condizione gli operai. Cercarono perciò di rimediare con la reazione. S’illusero che allontanando migliaia e migliaia di operai dalle officine, ristabilendo l’autorità assoluta del padrone, stringendo i freni, rendendo inflessibile la disciplina, le industrie potessero riprendere il loro andamento normale. Errore grave. Trascurata la riorganizzazione del dopoguerra, eliminati elementi insostituibili, generata la sfiducia e il malcontento nell’animo degli operai, la produzione si fece più scadente. Oltre la crisi un altro grave pericolo minaccia la Fiat: la decadenza.
[Errata Corrige: Sostituite la parola "Agnelli" alla parola "Marchionne" e ritroverete il testo esattamente come fu scritto dal preveggente Gramsci e come fu pubblicato su "L'Ordine Nuovo" il 6 settembre 1921 e successivamente inserito negli "Scritti Politici".]
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