Una punta di spillo
sempre uguale, senza picchi, senza altezze
Se non lo avete letto, leggetelo. Flatlandia è un "racconto fantastico a più dimensioni" scritto nel 1882 da un reverendo, Edwin Abbott Abbott, intellettuale dell'epoca, soprattutto grande insegnante. E' un piccolo manuale divulgativo di una geometria possibile, una corrosiva critica alla società vittoriana, una fiaba esistenziale. Abbott Abbott oltre ad interrogarsi sul mondo e sulle sue dimensioni, aveva una gran paura delle donne. Pensate che in suo questo fantasioso mondo fatto solo di larghezza e lunghezza (Flatlandia, appunto, Paese piano) popolato da ignobili Isosceli, da piccolo borghesi Triangoli equilateri, da professionisti Quadrati e Pentagoni gentiluomini, le donne sono linee, brevi segmenti, con la bocca/occhio da una parte e una punta dall'altra che, non vista, può uccidere. Immaginate di mettere un ago su un tavolo e poi mettere l'occhio all'altezza del tavolo. Di lato vedrete una linea, ma dal davanti un solo puntino. Pericolosissime, queste donne. Ecco perché i maschi hanno paura di collisione e per questo vengono guidate da codici oppressivi che ne limitano i movimenti, come ad esempio l'obbligo di agitarsi ininterrottamente, quando sono fuori casa, con il Grido di Pace, per evitare incidenti. Sono passati tanti anni dalla lettura di Flatlandia eppure questa "invenzione provocatoria", per dirla con Giorgio Manganelli che firmò una splendida postfazione del libro, continua a frullarmi in testa con cadenza regolare. Forse perché si è "tornati" a pensare il mondo con due sole dimensioni e dunque con un orizzonte limitato, sempre uguale, senza picchi, senza altezze. Due linee che in lungo e in largo ci "dividono" ad ogni occasione in estenuanti e pleonastici dibattiti. Garantisti o forcaioli, sante o puttane, vado o non vado. Farò finta di vivere nella Flatlandia: mi rendo invisibile per non firmare un appello precettistico, noioso e vecchio, poi vado in piazza. Ritrovando splendidamente alte le mie contraddizioni.
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