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Quando i pacifisti diventano sondaggisti

Il partito del dubbio

28 gennaio 2011 - Ulisse Acquaviva

Il sondaggio della tavola della pace

"Ci chiediamo se serve restare" ha detto Berlusconi lo scorso 19 gennaio dopo la morte dell'alpino Luca Sanna. E mentre il governo si chiarisce le idee, si resta lì anche se non serve a niente.

In questa stagione segnata dal dubbio, anche il mondo pacifista si fa delle domande, come quelle proposte dalla Tavola della Pace in un recente sondaggio lanciato sul suo sito e rilanciato su Facebook. Le opzioni proposte ai partecipanti comprendono il "continuare la missione militare", "ritirare subito le truppe", oppure "uscire dalla guerra  ma non abbandonare gli afgani" (ammesso che la cessione di una occupazione militare sia paragonabile all'abbandono), e infine la posizione che mi convince più di tutte : "non so".

E infatti non so se il pacifismo debba arrendersi al sondaggismo, non so che conclusioni dovrebbero trarre i pacifisti se un commando di cliccatori facesse vincere chi vuole proseguire la "missione militare", e infine non so se ha senso chiamare missione militare una aggressione unilaterale che ha cambiato i suoi obiettivi in corso d'opera, avviata per stanare gli attentatori dell'11 settembre, proseguita per democratizzare a suon di bombe una nazione e tuttora in corso per garantire la nostra "vicinanza" a quei popoli.

Magari gli afghani starebbero bene o forse anche meglio se riuscissimo a esprimere un pò di lontananza, lasciandoli a farsi i fatti loro "abbandonati" dal nostro mondo pieno di retorica a buon mercato. Detto questo, attendo un sondaggio in cui compaia anche l'opzione "smettere di abbandonare gli italiani dirottando sulla spesa militare i soldi della spesa sociale".

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