Attorno alle sbarre
All’inizio i Carabinieri incaricati di prelevare da casa Totò Cuffaro per condurlo in prigione erano rimasti sorpresi dalla composta reazione dell’ex governatore della Regione Sicilia di fronte alla conferma in terzo grado della condanna a 7 anni di reclusione per il reato di favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio.
A testimonianza di tale remissività le parole pronunciate dallo stesso Cuffaro dopo aver varcato il portone della sua abitazione romana destinazione Rebibbia: «Ho fede e per questo ho deciso di costituirmi».
Una volta arrivati sulla soglia del carcere romano gli uomini delle Forze dell’Ordine hanno però compreso la ragione di tanto inatteso contegno.
L’ultima dichiarazione da libero dell’esponente politico cattolico non andava infatti letta in chiave spirituale ma nella sua più cruda accezione materiale: Emilio Fede aveva allestito per lui una sexy cella a luci rosse con branda in lenzuola di lattice e specchi voyeuristici sul soffitto. Ad attendere il condannato un nugolo di secondine scosciate e disponibili a rendere il soggiorno del detenuto il più confortevole possibile sin dal primo momento come dimostrato dalle manette di peluche rosa, dal rancio a base di spezie afrodisiache e dalle sbarre abbastanza distanziate da poterci ballare la lap dance intorno.
Immediato il commento dell’ex governatore per voce del suo avvocato: «Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, ragion per cui confido che la Cassazione riveda il suo giudizio e mi raddoppi la pena».
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