Fango e teoremi
Per la prima volta in settantaquattro anni di chiacchierata esistenza terrena Silvio Berlusconi ammette le proprie responsabilità di fronte alla legge.
Sbaglierebbe infatti chi volesse interpretare quel «Solo fango e teoremi» indirizzato ai pm del “Rubygate” come l’ennesima formula denigratrice nei confronti delle toghe rosse e sovversive che infesterebbero, come recita il refrain del Cavaliere da sedici anni a questa parte, la vita democratica del Paese.
Questa volta no: il presidente del Consiglio non nega l’accusa rivoltagli dalla procura milanese ma si limita ad opporre quelle che ai suoi occhi dovrebbero essere persuasive attenuanti.
La sua sarebbe quindi una parziale ammissione in merito alle notizie circolate da qualche mese circa festini privati in postriboli istituzionali, prosseneti e vergini che si offrono al drago, minorenni e maggiorate, erotomani incartapecoriti e ambiziose lolite, cene a base di pendette tricolori e digestivi a ritmo di bunga bunga.
Proprio quel «solo fango» intaccherebbe la veridicità dei tanto mitizzati riti orgiastici, intendendo con tale espressione ricondurre il tutto a livello di bambinesche zuffe nel pantano da parte delle imberbi ospiti per l’innocuo divertimento degli ottuagenari astanti.
E allora quel «teoremi» a cosa si riferirebbe?
Nient’altro che alle scherzose formulazioni di natura geometrica che il premier immancabilmente proporrebbe a un certo punto della serata alle sue ospiti, del tipo: «La somma dei contanti usati per Calearo e Scilipoti è uguale alla somma che troverete sul lettone di Putin».
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