Caro Michele Serra, tanti saluti dalla satira perdente
Su un giornale di cui ignoro il nome (l'articolo mi è stato inoltrato via Facebook) compare un articolo sulla satira a firma Michele Serra: vista l'autorevolezza del personaggio in questione, e considerate varie inesattezze che meritano una risposta, eccomi qui a replicare.
Sono consapevole che in Italia si ragiona per cricche. Probabilmente questa polemica mi costerà l'antipatia personale di Serra e mi attirerà gli strali di molti "colleghi", ma quando ho accettato l'invito a imbarcarmi nel progetto della rivista Mamma! ho fatto voto di fedeltà ai lettori e alla mia intelligenza, anche a costo di dire cose impopolari mettendo in discussione personaggi popolari quando dicono qualcosa che non mi quadra.
Chiusa la premessa, veniamo al punto, ed esaminiamo con attenzione questo articolo, dove c'è scritto che "la satira italiana ha vinto ... i suoi autori storici ... oggi sono tutti accasati nei giornali veri, pubblicano per editori importanti, lavorano per la televisione o per il teatro, godono di una solida fama".
Primo dubbio: per Serra la "vittoria" era quella di trovare un posto all'ombra dei padroni editoriali o televisivi? L'arruolamento nelle truppe Endemol del potere televisivo berlusconiano? La conquista del posto fisso nei cartelloni teatrali? Il raggiungimento di una solida fama?
Ma non era lui che dalle pagine di Cuore ci spiegava, ancora prima dei "No Global" che c'era un "altro mondo possibile", una serena normalità italiana alla quale avevamo il diritto di aspirare ricercando un benessere individuale che non danneggia il prossimo? Non era lui che ci ha aizzato durante Tangentopoli a celebrare gli strattoni che tiravano giù i potenti dai troni per riempirci i polmoni con l'aria profumata di una svolta epocale all'insegna di un nuovo impegno civile? Insomma, Serra: non eri tu che ci hai fatto credere che gli sberleffi possono cambiare il mondo e che i giullari di corte sono gli unici che possono fare al re le pernacchie che si merita? E ora come si concilia tutto questo con la tua definizione di "vittoria", intesa come realizzazione professionale da parte di un piccolo gruppetto di colleghi, che tra l'altro comprende figli e figliastri? Non è che la Satira magari ha perso, perché nel 1994 c'erano Cuore e Berlusconi e ora c'è solo Berlusconi?
Sempre riguardo alla presunta vittoria, provate a dire "hai vinto e godi di una solida fama grazie alla satira" guardando negli occhi gente come Marco Scalia, Massimo Caviglia, Gianni Allegra e tanti altri autori storici che oggi fanno la fame, o vivono di altri lavori, o si sono dati alla saggistica, o si sono riciclati come consulenti editoriali, o peggio ancora hanno appeso la matita o la penna al chiodo.
Loro sono rimasti fuori dalla cricca dei "vincenti" nel mondo editoriale, e non per demeriti individuali, ma solo perché sono stati sfortunati, troppo liberi e incontrollabili a livello artistico, non funzionali alle esigenze di qualche editore, oppure troppo esigenti sul piano etico e conseguentemente refrattari ai compromessi (lo sa Serra che il suo giornale che a Catania fa accordi con l'imprenditore Ciancio in odore di Mafia, e che la Endemol per cui lui lavora come autore a "Vieni via con me" è di proprietà di Berlusconi?)
Un esempio per tutti: Francesco Cascioli, un grande autore scomparso di recente, tra le colonne storiche de "Il Male" e grandioso autore dei testi di "Ciacci", un fumetto che ha segnato una generazione di studenti dalle pagine di "Linus". Dimenticato dai "giornali veri", dagli editori importanti, dalla televisione, dal teatro e anche da vari ex colleghi,
Cascioli ha concluso la sua grandiosa carriera di fotomontaggista e autore satirico sulla rivista "Mamma!", che si è sempre ritenuta onorata di poter ospitare i suoi contributi, e al tempo stesso triste per la consapevolezza di essere diventata l'unico spiraglio possibile per giganti di questa levatura, che avrebbero meritato visibilità e compensi diversi da quelli che può offrire il nostro artigianato editoriale.
Per vivere, Cascioli non si è adagiato sugli allori della sua "solida fama satirica", ma si è inventato mille lavori e li ha fatti bene tutti e mille grazie alla sua grande cultura, intelligenza e capacità di adattarsi ai cambiamenti delle nuove tecnologie. Se ha vinto nella vita, anche fuori dalla satira, è stato per l'impegno che ha messo nelle cose che amava, e non certo grazie a qualche "giornale vero", "editore importante" o canale televisivo.
E ancora: provate a dire "sei nel gruppo dei vincenti" a quelli che oggi scrivono e disegnano per quotidiani nazionali accettando di lavorare gratis, o nella migliore delle ipotesi accettando compensi nemmeno lontanamente paragonabili alle tariffe extralusso in vigore nei tempi d'oro dell'editoria, dove una vignetta veniva pagata anche una milionata, proprio per non costringere gli autori a dover fare un collage di mestieri. Altro che i cento euro di oggi (quando va bene, più spesso cinquanta, trenta o gratis). Non è che la vittoria di Serra, spacciata come vittoria di una generazione di satiri in realtà è il successo professionale di un ristretto gruppo di fortunati?
"Una generazione di talento ha finito per occupare il palcoscenico tutto intero, rubando involontariamente spazio e occasioni a eventuali giovani autori".
Benissimo, ottima analisi, e allora che facciamo per le nuove generazioni? Rimarrai sdraiato sulla tua amaca repubblicana oppure ci darai una mano? Hai intenzione di spendere la tua "vittoria e solida fama" conquistate a livelo editoriale per aiutare qualche iniziativa a decollare brillando (anche) di luce riflessa grazie alla tua firma? Ti stimola l'idea di unire le tue risorse con l'energia creativa di gruppi emergenti o ti basta discettare sulla stampa patinata di un presunto "ristagno della satira"?
Di un "ristagno" tutto da dimostrare si parla anche nel seguito dell'articolo, dove si lamenta una "dispersione impressionante delle esperienze artistiche ... polverizzate dentro una nebulosa dove passa di tutto ma quasi niente si coagula. E senza creare gruppo, corrente, banda di amici, difficilmente nasce qualcosa di strutturato".
Prospettiva legittima, ma vorrei aggiungere la mia: dalla trincea delle autoproduzioni editoriali, dove ogni giorno scorrono lacrime, sudore e sangue nel faticoso tentativo di aprire nuovi spazi, di ristagno non ne vedo nemmeno l'ombra. Vedo invece decine di autori vecchi e nuovi, che non hanno un problema generazionale, ma un problema professionale.
E non vedo neppure i "problemi di coagulazione". In un deserto editoriale che ormai ha perso interesse per la satira come prodotto vendibile, questi autori si organizzano e fanno gruppi, correnti e bande di amici che portano avanti progetti strutturati come Spinoza, ScaricaBile, Inserto Satirico e anche la rivista "Mamma!", che esiste e resiste con uno zoccolo duro di abbonati.
Guardando i numeri in gioco questi abbonati possono sembrare pochi, ma ne andiamo fieri e li ringraziamo uno per uno, pensando che a differenza di Cuore non abbiamo avuto come "incubatrice" un giornale di partito, non abbiamo avuto investimenti iniziali di "editori puri", non abbiamo avuto finanziamenti pubblici e di recente ci hanno anche soppresso le tariffe agevolate per la spedizione in abbonamento postale. In breve, ogni lettore ce lo siamo conquistato a colpi di satira e senza scorciatoie.
Se si scende dall'olimpo della grande stampa, si può scoprire che la satira su internet è tutt'altro che una "nebulosa", ma è semplicemente una costellazione, dove sono chiaramente distinguibili un buon numero di autori che non supera le due cifre e alcuni progetti significativi che non superano la decina, qualcuno in più ma non molti di più di quelli attivi ai tempi di "cuore".
Questi progetti sono molto diversi tra loro per impostazione culturale e piano editoriale, e al loro interno sono presenti autori con le opinioni e gli orientamenti più vari, ma credo che su una cosa si possa essere tutti d'accordo: l'aiuto che ci è arrivato dal mondo dei "vincenti di solida fama" non è stato all'altezza delle aspettative, men che meno delle potenzialità che voi "vincenti" avreste avuto per dare nuova forza a un genere editoriale in via di estinzione mentre il mercato, il governo e gli editori fanno di tutto per sopprimerlo.
Caro Michele Serra, prendila sul personale, ma in senso buono: magari non ti rendi conto di quello che tu e i tuoi "colleghi vincenti" avete rappresentato per noi che siamo cresciuti leggendo i vostri articoli, fumetti e vignette. Se abbiamo deciso di fondare la rivista di giornalismo satirico a fumetti "Mamma!" anche a costo di rimetterci di tasca nostra, la passione necessaria a questo azzardo l'abbiamo trovata anche grazie a voi, grazie al vostro coraggio nel tentare strade nuove, grazie al fatto che ci avete dimostrato la possibilità di lavorare scrivendo, disegnando e divertendosi, lottando contro il potere armati di intelligenza e di ironia.
Ma adesso voi "vincenti" ci lasciate col culo per terra, non ci aiutate col potere della vostra "solida fama" a far decollare i nostri progetti, guardate il vostro ombelico e cantate vittoria solo perché un piccolo manipolo di autori si è infiltrato sulla stampa di sempre, e per giunta iniziate a fare discorsi da vecchi del tipo "tutto è molto nebuloso, la satira non è più quella di una volta".
A meno di clamorosi cambi di rotta, se voi ci abbandonate al nostro destino liquidando il problema della satira con analisi frettolose siamo davvero messi male. Dopo aver perso il sostegno degli editori che non investono più, dei giornali che non pagano più e dei partiti che non aprono più spazi creativi sui loro giornali, perderemo l'ultimo sostegno che ci rimane: quello dei nostri riferimenti culturali. Magari è vero che Babbo Natale non esiste, e che Michele Serra non era un leader ideologico come lo abbiamo percepito da ragazzi, ma un "semplice" giornalista alla ricerca di una legittima affermazione professionale. Però ti chiediamo un piccolo favore: se è vero che Babbo Natale non esiste, non dircelo così brutalmente, perché qui stiamo ancora apparecchiando l'albero sperando che prima o poi scenda dal camino.
Con amicizia e stima, ma anche con la dovuta franchezza
Ulisse Acquaviva
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