Ognuno vale uno, nessuno e centomila
Riassunto delle puntate precedenti: alle passate regionali in Emilia-Romagna Andrea Defranceschi, votato da 376 elettori, viene preferito a Sandra Poppi, con 717 preferenze ricevute. Qualcuno non si fida molto della Poppi, e si pensa di organizzare a posteriori delle "elezioni secondarie", dove il voto dei 717 modenesi viene spazzato via da uno sparuto gruppo di quarante referenti territoriali del movimento a Cinque stelle. Ma lo slogan grillino rimane sempre "Ognuno vale uno".
Non avendo dubbi sulle buone intenzioni di questi ragazzi, mi limito a scrivere un commento a questa decisione poco coerente, spiegando che se proprio non si fidavano della Poppi avrebbero potuto regolarsi diversamente, esercitando un controllo sul suo operato senza stracciare le schede elettorali di 717 cittadini. Ma poi si guarda avanti, che di problemi da discutere ce n'è parecchi.
Però qualche giorno fa mi imbatto nella rivistina autoprodotta dai due consiglieri regionali a Cinque Stelle. E c'è un articolo di Giovanni Favia, che ha preferito farsi indietro a Bologna per lasciare il suo posto a Defranceschi, strappando alla Poppi il seggio di Modena nonostante le preferenze ricevute. E leggendo questo articolo parte una serie di attacchi alla mia intelligenza che meritano una risposta.
Favia parla di un "percorso partecipato" (e i 717 elettori modenesi che ruolo hanno avuto nella "partecipazione"?), dice che "la legge elettorale non stabilisce una priorità tra gli altri candidati" (e infatti siete voi a dire che "ognuno vale uno"), e che "la scelta del secondo consigliere regionale interessa tutto il nostro MoVimento" (a dire il vero interessa tutti i cittadini della regione, anche quelli che non appartengono al movimento).
Per Favia "ho lasciato che a scegliere fossero gli attivisti", (ma i cittadini non avevano già espresso le loro preferenze? 40 attivisti sono più cittadini degli altri e hanno il potere di ribaltare il voto di 700 persone?), e si addentra nel complesso meccanismo di queste "secondarie", stabilite solo a posteriori: i gruppi locali hanno espresso dei rappresentanti provinciali, "quelli che noi chiamiamo i 40 grandi elettori, più o meno uno ogni 100.000 abitanti" (ma se uno vale uno, perché ci sono alcuni che valgono centomila, e per giunta senza nemmeno essere stati eletti, ma solo in virtù del loro presenzialismo nelle attività del movimento?).
Favia continua dicendo che "se Andrea e Sandra fossero arrivati primi come numero di preferenze nei loro collegi, nessuno gli avrebbe chiesto di rigiocarsi tutto con le secondarie". (Ma allora il problema qual è? Che è stato adottato il metodo delle candidature civetta in più Province contemporaneamente per tirare voti con il volto conosciuto di Favia? E visto che anziché esserci due candidati ce n'erano tre con uno dei tre ubiquo in due province, che impedimento c'era a mandare in regione i due che avevano preso più voti? Mistero della fede).
Oltre alla logica salta anche la matematica, e Favia proprio non riesce a capire qual è il numero maggiore tra 376 e 717, visto che a suo dire "le preferenze non li hanno eletti in maniera equivocabile: entrambi avevano il medesimo diritto di diventare consigliere regionale". Peccato che alla fine questo diritto sia stato negato a chi aveva preso più voti.
Alla domanda "non potevi scegliere in base al numero di preferenze?" Favia risponde che "non li conoscevo in egual misura per poter esprimere un giudizio appropriato sul merito degli stessi, e poi condividere la scelta mi sembrava doveroso nei confronti di tutto il MoVimento". Quindi va bene condividere una scelta con il Movimento anche se questa condivisione esclude dalla scelta i cittadini che hanno chiaramente espresso il loro voto? Quindi il voto popolare dei cittadini è carta straccia se non viene ratificato dal "Movimento" e può essere sovvertito se il candidato con più voti "conosce personalmente" qualcuno che viene mandato in Regione per "meriti acquisiti sul campo" anche se ha preso meno voti? Se in futuro si ripresenterà la stessa situazione con qualcuno che Favia "conosce personalmente", si getteranno di nuovo nel cestino i voti dei cittadini per deliberare a favore di chi sembra più "meritevole" a giudizio del "leader"?
Le contraddizioni continuano affermando che i cittadini non sono tutti uguali: "le preferenze non è possibile compararle e farne un criterio assoluto perché sono maturate in due collegi distinti, a Bologna i candidati non hanno fatto campagna per se stessi ma tutti per il gruppo. Bellissimo no?" Bellisismo mica tanto: "ognuno vale uno" solo all'interno di un medesimo collegio elettorale? I voti dei modenesi valgono meno di mezzo voto di un Bolognese? E in base a quale criterio? Se "ognuno vale uno", non si dovrebbe dare alle preferenze lo stesso valore? E in base a quali dati di realtà è possibile affermare che i voti in meno di Defranceschi sono stati causati dalla campagna elettorale della Poppi e non dal fatto che i cittadini di Bologna hanno preferito altri candidati a Defranceschi mentre i modenesi hanno preferito la Poppi ad altri candidati?
Favia continua a negare l'evidnenza dichiarando che "la mia non è stata una candidatura fittizia di trascinamento, ma una candidatura reale". Ah si? E allora se la candidatura era reale, e non era "tattica", perché ti sei fatto eleggere a Modena dove avevi preso meno voti e hai lasciato campo libero a Bologna?
Tra gli 11421 cittadini emiliani che hanno votato Favia, infatti, ben 9273 hanno detto "ti vogliamo consigliere come rappresentante della Provincia di Bologna", e quindi la cosa più logica da fare era farsi eleggere a Bologna e lasciare il posto libero a Modena alla seconda eletta con più voti.
La chicca finale è poi la chiusura dell'articolo: "Sicuramente poi c'è chi in assoluta buona fede non è d'accodo con la scelta fatta, però "democrazia" (tra virgolette, Ndr) significa anche accettare quando capita, di essere minoranza".
Ecco, benissimo, allora facciamo i conti su chi è minoranza in tutta questa storia: sono minoranza i 717 che hanno richiesto di mandare Sandra Poppi in consiglio regionale? Sono minoranza i 376 che invece volevano Defranceschi? Alla fine dei conti, nel partito dove "ognuno vale uno" si è deciso di fregarsene sia dei 717 modenesi che dei 376 bolognesi, loro sono "normali cittadini" mica "cittadini a cinque stelle", e quindi la loro indicazione espressa col voto può essere facilmente calpestata da una maggioranza di 40 "grandi elettori" a cui è stato riconosciuto il potere di decidere chi sarebbe diventato "maggioranza" sopra le teste di queste 1000 e passa persone.
Morale della favola: nel movimento a Cinque Stelle dell'Emilia Romagna ognuno vale uno, nessuno e centomila, a seconda delle decisioni dei capi.
I cittadini di Bologna valgono uno, e il loro voto è stata la base legale che ha permesso di eleggere Defranceschi. I 717 cittadini di Modena, invece, valgono "nessuno": il loro voto è stato stracciato da quaranta "grandi elettori" che valgono "centomila" per autoproclamazione, senza essere stati eletti da nessuno ma solo per meriti acquisiti sul campo a suon di banchetti.
E adesso cantiamo tutti in coro il ritornello liberatorio: "non siamo un partito, non siamo una casta, siamo cittadini punto e basta, ognuno vale uno... ognuno vale uno... ognuno vale unooooo....." Il bello è che ci credono ancora.
A questo punto mi rimane solo un dubbio: Caro Favia, ma non facevate prima a dire le cose come stanno senza arrampicarvi sugli specchi per rivestire di democrazia una decisione autoritaria? Bastava dire: "la Poppi non ci piaceva, non ci fidavamo di lei, era troppo legata al grillino modenese Ballestrazzi che aveva dei trascorsi sospetti nei Verdi, e allora dopo aver espulso dal movimento Ballestrazzi alcuni esponenti autorevoli del partito hanno deciso di togliere di mezzo anche la Poppi mandando in regione DeFranceschi. Non ci sono stati secondi fini e tutto è stato fatto in buona fede: quello che è mancato è stata la fiducia del movimento verso la persona, e se manca questa fiducia per noi è irrilevante la fiducia espressa dai cittadini con il voto".
Tutto qui, chiaro e semplice e senza ragionamenti pelosi su democrazia e partecipazione che puzzano di ipocrisia lontano un miglio. Non dovete vergognarvi mica se alcuni autorevoli esponenti locali del partito rivendicano un potere superiore a quello dei normali cittadini, lo hanno fatto da sempre tutti i partiti politici. Quello di cui dovreste vergognarvi un pochino è la canzoncina "ognuno vale uno", visto che ormai è assodato che a seconda dei casi tra i grillini ognuno può valere uno, nessuno e centomila.
Da tutto questo, spero che almeno abbiate imparato a chiarire le regole interne del vostro gioco elettorale PRIMA dei risultati elettorali e non solo a posteriori quando la classifica dei più votati non è di gradimento dei capi.
Per i forti di stomaco, ecco a voi l'arrampicata sugli specchi di Favia:
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