Istruzioni antisciacallaggio per quando saro' morto
Ogni volta che muore qualcuno per cause non naturali, i giornalisti, soprattutto quelli locali, vanno a curiosare su Facebook. Non parliamo di personaggi famosi, ma di gente comune e in particolare di ragazzi giovani .Vanno a leggere il loro profilo, gli ultimi messaggi scritti in bacheca e a volte fottono pure le foto e le pubblicano sul loro quotidiano. L'ultimo esempio è quello dei militari italiani morti in Afghanistan, ma il caso di Sarah è stato esemplare ed ha misurato il pressapochismo di cronisti tanto pigri quanto guardoni.
E' vero, la responsabilità è anche nostra che lasciamo le nostre bacheche aperte a cani e porci senza tutelarci con applicazioni in grado di garantire maggiore riservatezza. Ma questo – a mio avviso – non dovrebbe indurre i giornalisti a sentirsi in diritto di “rubare” messaggi intimi e foto che nulla hanno a che vedere con il ruolo pubblico del defunto per poi sbatterli sui quotidiani o in tv andando addirittura alla ricerca di interpretazioni simboliche o preveggenti. “Nell'ultimo video messo in bacheca si allontanava lentamente dalla telecamera fino a scomparire...” Un presagio dell'imminente distacco dalla vita... Che scienziati! Che fini psicologi! Ma che cacchio significa? Il poveretto del video magari è morto in un incidente stradale e non aveva neanche torto nel sinistro.
In ogni caso, fatte le dovute grattate, a questo punto voglio tutelarmi e lascio tra le mie note questo “testamento mediatico”.
Cari giornalisti che siete venuti a spiare nella mia bacheca di Facebook dopo la mia morte, cosa minchia volete? Fatevi i cazzi vostri. E’ comodo fare i giornalisti così: dalla vostra poltrona raccogliete due puttanate prese in rete e credete di aver tracciato il profilo di personalità del deceduto. Se proprio ritenete di scrivere qualcosa sul mio conto (non che io sia degno di articoli, ma se siete qui a sbirciare evidentemente devo essere deceduto in modo cruento, ahimé), muovete il culo e chiedete in giro alle persone che mi hanno conosciuto (quello che dice mia madre, però, prendetelo col beneficio d’inventario perché si sa che ogni scarrafone è bello a mamma sua).
E soprattutto non facciamo dietrologia da strapazzo. Il fatto che io abbia scritto questa nota non significa che io abbia programmato il mio decesso e l’abbia anticipato su Internet come quegli adolescenti americani che poi vanno a fare stragi nelle scuole prima di suicidarsi. Sto bene e sono felice di vivere. Con questo avviso mi sto semplicemente tutelando da un’evenienza che spero sia la più remota possibile. In conclusione, ribadisco: fatevi i cazzi vostri, smammate da questo profilo altrimenti, come disse Aldo Moro, il mio sangue ricadrà su di voi.
Prima, però, come in "Paranormal activity", il mio fantasma verrà tutte le notti a perseguitarvi a casa vostra, toccherà il culo a vostra moglie mentre dorme (se è il caso) e verrà anche in redazione a cercare i regali e i soldi in nero che vi elargiscono quelli a cui fate marchette pubblicitarie nei vostri quotidiani o nei vostri notiziari televisivi. E poi, come Nanni Moretti in Caro Diario, vi leggerà il delirante articolo sui presunti contatti Facebook di Sarah Scazzi, un incredibile concentrato di pippe mentali («Regen», in tedesco pioggia. «Regen» una città della Baviera. La pagina è su Facebook. Non è un profilo legato ad una persona in particolare, né tanto meno ad un soggetto identificabile da chi naviga in rete...) spacciato per notizia quando la poveretta era già sepolta nel podere dello zio; altro che Regen-città-della-Baviera... E sarà inutile tentare di tapparvi le orecchie col cuscino come faceva il recensore cinematografico stanato da Moretti... Vi ho avvisati.
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