Mario S. per tutti era il tizio sulla mongolfiera.
Ogni tanto scendeva nel mondo reale per insegnare all'Università.
Lo incrociavo sempre in Facoltà. Io entravo al bar, lui in aula magna.
A quel tempo io ero una piccola anima proporzionale errante.
Un pomeriggio già sbronzo lo vidi, non so perché mi venne voglia di dargli una spallata. Lo mancai clamorosamente e caddi al suolo di faccia. Mi rialzai col naso sanguinante e un dente scheggiato, con la voce impastata dall'alcol sputando sangue e schede elettorali, farfugliai: ''Dov'è il tuo voto di preferenza, vecchio, dov'è?''
Senza perdere il suo aplomb liberal-conservatore mi sferrò un calcio fortissimo sempre in piena faccia. Mi rialzai, non volevo lasciarlo.
''Hai lasciato un'impronta sulla mia faccia, ma non sul sistema italiano'' dissi ridendo.
Ora era spaventato a morte ''Che accidenti vuoi da me?''
''Non ho più il super io, c'è stata una semplificazione nella mia testa. Nella mia sindrome bipolare è in atto una lotta tra i soli es e io. Voglio che mi salvi, raccogli le firme.''
In un impeto di verità, imitando la voce di Sartori, mi disse: ''Devi dirmi con chi ti allei prima.''
Mi lasciò un paio di opuscoli e corse via.
Inspiegabilmente il suo aspetto era rimasto impeccabile, nonostante la colluttazione la camicia non aveva neanche una piega.
''Grazie, grazie Mario S., leggerò tutto'' urlai sinceramente.
Mario S. tornò nella sua mongolfiera.
Quando ormai era lontano da terra si accorse del sabotaggio.
Si sarebbe salvato solo bruciando le firme del referendum e i suoi libri di pensatori liberali anglosassoni.
Precipitò.
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