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Ci hanno detto che il futuro era Star Trek, oggi viviamo nel mondo di Fantozzi

Saltimbanchi, ballerine e cotillons: anni '80 in salsa libica

Sbarca a Roma il circo libico signore e signori. Un incubo a spese dei contribuenti italiani per beneficiari privati.
31 agosto 2010 - Pier Katana (Iamatologo cronico)

L’altro pomeriggio, in preda ai fumi dell’alcool dovuti a dosi massiccie di bombardino, me ne stavo tranquillamente adagiato sul mio sofà fissando le immagini senza sonoro del tiggiuno in attesa di addormentarmi coccolato dalla monotonia ipnotica del gran premio di F1 che sarebbe seguito di lì a poco, quando, all’improvviso, alzandomi di scatto con un poderoso colpo di reni, ho esclamato: ”Evviva è tornato Adam Ant!!!”.

Desideroso di apprendere notizie su questo artista che tanto mi ricorda e riporta nei gloriosi anni ottanta ho rimesso l’audio aspettandomi di sentire la voce del Vincent Mollica, monopolista delle rubriche di musica e spettacolo del reame Rai, ma una cocente delusione ha pervaso il mio animo, oltre al dolore ai reni venutomi per il poderoso scatto di esclamazione di cui sopra.

Non trattavasi di Adam Ant ma di un artista trasformista libico, classe 1 settembre 1969, in tournee in Italia per festeggiare l’anniversario del Trattato di Amicizia e Cooperazione tra le società Italia S.p.a. e Libia Trade.

Catturato dall’esaltante servizio del tiggiuno sulle mirabolanti trovate scenografiche dell’artista libico, mi sono trovato ad assistere, mio malgrado, al solito documentario stile Istituto Luce “ancien régime”, fino a quando il mio cervello non ha retto più dall’emozione provocata dalle fantastiche notizie, decidendo così di optare per un collasso cerebrale e trascinandomi in un pisolino pieno di incubi che si sono così susseguiti:

“… dal buio color pece il rumore di una marcia marziale precedeva l’arrivo di amazzoni ballerine in mimetica che facevano da apri e chiudi pista ad Adam Ant che sulla sua divisa piratesca portava attaccata la gigantografia della fotografia di san Bettino dai grandi occhiali e dal garofano rosso con alla base del piedistallo riportata la data del 15 aprile 1986. Tutti, artista e ballerine, calzavano stivali a forma di Italia.

D’improvviso un’esplosione di luce introduceva un omuncolo sorridente dalle grandi orecchie e dai capelli dipinti, il rappresentante legale della società Italia S.p.a., anche lui provvisto di amazzoni, le famose guardie private di Palazzo Grazioli. Costui si affiancava scodinzolando al pittoresco pirata libico e insieme facevano il loro ingresso in un tendone verde dove erano in corso i festeggiamenti del “giorno della vendetta” in vigore in Libia dal 7 ottobre 1970. Nel tendone all’improvviso irruppero una cinquantina di cavalli berberi che cominciarono a galoppare con ritmo forsennato alzando un polverone soffocante che si tramutò nel fumo di un rogo dal quale si udiva provenire il rumore di lamiere contorte di un aereo e le urla di 270 esseri umani che ripetevano la litania “undici anni di oblio… Pan Am Flight 103”.

Ed ecco risuonare nell’etere una vecchia best hit del duo Carrisi-Power, “Nostalgia Canaglia”, dove il trasformista libico sospeso in aria a cavallo di un missile, vestito con una tunica dorata, facendo finta di terrorizzare il pubblico duetta con George Dabliu, una ex vedette statunitense sulla via del tramonto. Il grande artista nord africano, passando dietro un paravento, si cambia d’abito alla velocità di Arturo Brachetti, e indossando una divisa bianca con bermuda da marinaio, stile Love Boat, distribuisce dal ponte di una nave da crociera tavolette di cioccolato svizzero che morde avidamente.

L’omuncolo sorridente dalle grandi orecchie torna al suo fianco vestito da cheerleader e sgambettando allegramente fa roteare sulla testa il plastico di un’autostrada sullo sfondo di una costiera libica. Sul golfino porta ricamate le iniziali MG. Il sottofondo musicale adesso sfuma e le note inconfondibili di “Money” dei Pink Floyd irrompono fragorosamente nel tendone. Tante barchette di carta poste su una cartina geografica tra l’Italia e la Libia vengono incendiate e un mosaico di cenere forma un enorme campo di calcio dove leggiadre fanciulle vestono divise da calcio multicolori che riportano sul retro strani numeri e misteriosi cognomi. Ecco passarne una che riporta 7% Unicredit, un’altra con 1% Eni, un’altra ancora con 10% Quinta Communications e poi sfilano a seguire anche 7,5% Juventus e 14,8% Retelit.

Ma l’apoteosi finale si raggiunge con l’ingresso di un enorme treno che sul fianco mostra la scritta Ansaldo e traina un carro merci da dove un elicottero con la livrea Finmeccanica si alza in volo tra fuochi d’artificio. Dallo sportello due figure in tuta argentata attillata e scintillante si lanciano a volo d’angelo su un palazzo di gomma a forma di scritta Impregilo e atterrati sul tetto iniziano a distribuire pacchetti azionari agli spettatori più avidi che avanzano numerosi come squali. I due intutati argentati non sono altro che i formidabili rappresentanti legali delle società Italia S.p.a e Libia Trade, i mattatori trasformisti protagonisti di questo incubo grottesco sponsorizzato da Mediolanum, Fininvest e Mediobanca con i soldi dei contribuenti italiani… e ritorna l’oscurità…”

Mi sveglio da questo angosciante sogno, richiamato al presente dall’esclamazione del buon Ivan Capelli. Il gran premio è iniziato da un pezzo, piove e Alonso è out.

Cavolo, mi serve subito un reality per resettare la mia mente turbata dalla realtà. Aspetterò il prossimo tiggiuno!!!

Ma un dubbio tutta questa commedia però me l’ha lasciato… ma che fine ha fatto Adam Ant?!

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