Comizio e castigo
Un pesce piccolo da dare in pasto ai media pur di coprire il pezzo da novanta.
Questo il destino di Pier Paolo Zaccai, anonimo consigliere della Provincia di Roma, sacrificato sugli altari di una verità ben più esplosiva e destabilizzante per l’intero Popolo delle Libertà.
Continua infatti a vigere il massimo riserbo sulla reale identità del politico ricoverato in preda a convulsioni e frasi sconnesse al termine di un festino a base di sesso e droga.
Unico indizio a dissipare la cortina di mistero le parole riecheggiate nella notte nel quartiere capitolino dove ha avuto luogo il party cocain-omosessual-orgiastico.
Pare infatti che allo spuntar del sole lo sventurato satiro, obnubilato dai bagordi delle ore precedenti, si sia issato sul ballatoio con ancora indosso il vestito da stalliere sadomaso e abbia srotolato un pizzino ingiallito di Dostoevskij rinvenuto rocambolescamente sotto l’impiantito tarlato del castello di Gardaland tra le pagine gualcite del diario di Mussolini e gli appunti autografi di un Pasolini inedito.
Quindi, fattosi forte di tanto autorevole avallo, lo statista vizioso avrebbe dato voce alle seguenti parole in un improvvisato comizio apologetico: «Vittorio Mangano è il mio eroe personale. Ok, poteva avere qualche difetto come un leggero strabismo di Venere e una condanna per mafia, ma è grazie a gente come lui che il mondo non è precipitato nelle perfide mani di persone senza scrupoli come Madre Teresa e Nonna Papera».
Chiuso il manoscritto, il Nostro avrebbe infine dato le spalle con fare altezzoso alla folla di elefanti rosa in tutù che l’avevano ascoltato in religioso silenzio fino a quel momento e si sarebbe rivolto all’interno della stanza con un volitivo: «Papi, adesso tocca ancora a me…».
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