Esodo di assessori italiani in Usa
Partono in massa, come cent’anni fa. Da Napoli, da Bari, da Palermo, dal Lazio ma anche da Milano. La meta: gli Stati Uniti d’America, dove, con la riforma di Obama, sta per nascere il primo vero sistema sanitario pubblico. Sono assessori, direttori sanitari, fornitori di attrezzature ospedaliere, farmacisti, tutti con magri bagagli (per lo più bustarelle legate con lo spago) e tante speranze. «Ieri un paesano da Little Italy mi ha chiamato,» racconta un assessore campano, sul ponte del piroscafo «Poggiolini II» «e mi ha detto: cumpà, here se mette bbuò, o’ Congresse ha appruvate la reform dello healthcare.» Già, perché restare in Italia, dove il giro d’affari della sanità pubblica è sempre più osteggiato da magistrati guastafeste, e non tentare la fortuna in America? Sì, nelle terre vergini d’Oltreoceano, dove nessuno ha mai truccato un appalto per una clinica, interi Stati ignorano l’arte tutta italiana di falsificare le esenzioni e i dirigenti delle Asl sono privi del knowhow necessario per spillare più quattrini alle casse pubbliche. «Gli yankee non sanno l’abbiccì delle truffe al Servizio sanitario nazionale,» spiega un imprenditore romano; «per forza, non ne hanno mai avuto uno. E ora che Obama gliel’ha dato, quei fessi ancora non si rendono conto che è una miniera d’oro. Noi sì, e arriveremo per primi. La sanità pubblica americana sarà il nuovo Klondike!»
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