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L'Italia del televoto e della medietà

Siamo un paese senza una lira (un euro), senza speranze, ma soprattutto senza orecchio musicale
21 febbraio 2010 - Pia Fraus

Esiste un’Italia del televoto? O, piuttosto esiste un televoto italiano, fatto tanto per cambiare di truffe? Da tempo questa “potente forma di interazione con il pubblico” come viene definita negli ambienti telecomunicativi è sotto osservazione (qualche esempio  Cinetv
Tvblog dgmag )

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popolino

Dunque, perché stupirsi del ritorno dei Savoia. Nessuno dotato di buon senso può credere che sia tutto vero quello che è successo all’Ariston per la finale di Sanremo. Vera sarà stata la rivolta degli orchestrali e della giuria del loggione (giuria composta da abituali comsumatori di musica italiana), vera la scenografia costata un occhio della testa, vero lo statio balletto del Moulin Rouge. vero sopratttutto il successo di un’edizione affidata alla “casalinga di Viale mazzini”. A che cosa dobbiamo l’onore di questo successo? Mah, in primo luogo ad una sospetta mancanza di alternative tv sulle reti Mediaset, poi alla “fenomenologia” di Antonella Clerici, che, fatte le dovute differenze di epoca, non si discosta molto da quella del mitico  Mike .Rileggetela, ne vale sempre la pena:  Clerici è il caso più vistoso di riduzione della “superdonna”  che regna in tv a “ogni donna” che regna nelle cucine di tutta italia, davanti alle scuole di tutta italia, negli uffici di tutta italia. È’ il trionfo di quella medietà che, agli albori della tv di massa, fece la fortuna di Mike Bongiorno. Infine il “formato” nuovo del festival: il conduttore che introduce i cantanti e di tanto in tanto qualche ospite: più veloce dei precedenti, più snello, più vicino ai “talent show” che, pare, siano i veri vincitori del festival.
sanscemi chi legge Detto questo  l’Italia del televoto ha decretato: tornino i Savoia. Ma il problema non è tanto che la canzone del Pupo e del Principe è una roba inascoltabile, è che l’Italia del televoto è un’Italia che sta male. Non solo senza il becco di un quattrino, senza cultura e senza speranza, ma anche senza orecchio musicale. Che nella vita degli esseri umani, vuol dire tante cose: vuol dire coordinamento corporeo, presenza, consapevolezza, armonia. E invece eccolo, il boato del “Grande Fratello” , l’onda lunga di sei milioni di coglioni (per dirla con il regista Veronesi). Forse il Pupo e il Principe hanno schierato truppe telefoniche ingenti (quasi quanto quelle che avrà messo in campo “Amici” per recuperare il flebile fantasma di Valerio Scanu e le soporifere note del suo brano), ma all’Ariston - il tempio della canzone italiana che, tra alti e bassi, ha comunque ospitato Musica - non è stato, udibilmente, apprezzato neanche questo rientro del principe, nonostante Pupo sostenga che  “lui non ha fatto niente”. Non è vero: se avesse veramente amato l’Italia, ci avrebbe risparmiato questa vergogna. Ma i Savoia, si sa, hanno la faccia come il muro. Ma meno male che Simone Cristicchi c’è e porta all'Ariston il coro dei minatori di Santa Flora. Poi dice che uno, tra i prìncipi e il popolo sceglie il popolo!

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