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Ciao ciao belle tettone!

20 febbraio 2010 - Marco Scalia

Ci ritroviamo tette ovunque. La tetta ci strizza l'occhio dalle copertine dei settimanali quando andiamo in edicola, fossimo anche un pudico parroco che cerca Famiglia Cristiana o un povero illuso che vuole soltanto la Gazzetta Ufficiale. La tetta c'imbarazza in autobus o in treno quando nella ressa pendolare giovani e meno giovani dotate di davanzali sproporzionati sostenuti da push up o peggio di airbag assolutamente plastici ce le spiaccicano addosso. La tetta, soprattutto, c'invade debordando dal teleschermo sbattutaci in faccia fino alla nausea da presentatrici, veline, attricette e Grandi Sorelle.  Lucide bocce, palloni ipertrofici di enne misura, sfere di silicone senza sugo come certi watermelon esibiti sui banchi degli ipermercati americani.  Le tette della (uugh!) "Donna Moderna", di "Chi", di "Di più", delle Novelle 2000, 3000 o quel che cacchio sono. Ci rintronano di cazzotti sul muso come tanti punching balls che invece di prendere pugni ce li rimandano indietro. E noi lì, rincoglioniti e rincoglionite (le donne vere, quelle che cercano di ampliare i propri orizzonti, non il proprio torace).

E' forse un caso che in una delle più pompate fucìne dell'ovino consenso popolare (leggi Sanremo) si fa sfoggio di capezzoli appena coperti di strass à la Moulin Rouge o like a lady Von Teese? Roba anni 30, odor di Macario, avanspettacolo muffo, di bordelli anteguerra dove il gerarca fascista andava a farsi una "ripassatina" prima di esibire il fiero maschio cipiglio?

E' forse un caso che la politicamente correttissima sora Lella Clerici (compagno mulatto, una vita a spadellare intrugli per massaie teledipendenti) fa sballonzolare sul palco ad ogni piè sospinto il suo generosissimo armamentario strangolato in corpetti che sembrano i vecchi flipper Gottlieb?

Non crediamo.

Col seno di poi ci sembra sia in atto un evidente tentativo - bassa lega, per altro - di coercizione psichica a livello subliminale. Ovvero ricondurre la tetta al suo primordiale compito, ovviamente riveduto e corretto (e corrotto). Quello cioè di stillare nella bocca dell'"uomo di casa" l'antico sapore della goccia di latte materno che lo nutre e ammansisce, e lo renda pago e soprattutto indifferente all'altro uso che nel frattempo della tetta medesima si fa. L'uso dei procacciatori di 500 punti, coloro che si preoccupano che nei paraggi vi sia un bikini un po' stretto affinchè la tetta che ne emerga possa tracimare per "massaggiare" cervicali troppo provate per accorgersi del malaffare che le circonda.

La tetta, proprio come l'airbag, è ormai un optional. E'assurta a bene di consumo sia in un senso che nell'altro. Sì, forse ancora nutre grazie a balie rumene (e inutilmente tentiamo di non ricordare certe immagini di madri africane prosciugate per il nostro benessere). Ma nutre principalmente un immaginario deviato (maschile, quando si tratta di scaricare stress e sperma tra un inciucio e un appalto, e ahimè femminile, quando viene proposta per fare la foto sul book che prima o poi ci si svolta, magari nel migliore dei casi nel lettone di Putin). Da organo fisico s'è fatto organo metafisico.

Quando un sistema geologico in lentissimo ma perenne movimento produce un incommensurabile rilascio di energia che scatena terremoti sui quali si avventano schifosissimi omuncoli che ghignano sbavando per il lucro che ne ricaveranno, beh.. è un po' come se Madre Terra si pastrugnasse le tette per risistemarsele nel reggiseno. Forse è per questo che la scienza che ne studia gli effetti si chiama tettonica.

 

 

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