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fighe rosse

Flaviano Armentaro è un fumettaro con chilometri di stoffa. Classe 1983, passa dalle storie a fumetti alle vignette satiriche con la stessa tensione grafica. Collabora con Makkox e grazie a lui si inserisce nella corrente del fumetto quotidiano che mostra la gente, la politica, le bollette. Storie che volano scavando, “storie sociologiche”. Meglio delle mie parole, possono fare il suo blog e le sue storie. A Polisblog racconta i suoi disegni, gli oscuri presagi e la voglia di fare il disegnatore di satira.

Flaviano quando hai iniziato a fare satira?

Bè io ho fatto l’accademia di belle arti a Torino e di mestiere faccio l’animatore di cartoni, disegno nei ritagli di tempo per divertirmi. Avevo fatto alcune vignette che avevo mandato a EMME. Le vignette sono piaciute e così ho iniziato a farne altre e a metterle sul blog. Da lì è arrivato Mauro Biani e il gruppo di Mamma. Disegnare quelle vignette è stato un moto spontaneo.

Un moto spontaneo?

Si, sai di quelle mattine in cui apri il giornale e ti cadono le braccia. Da lì mi vengono delle immagini, una reazione che non è soltanto “ridiamoci su” ma voler dire la mia, dare una notizia e sottolinearla con l’evidenziatore. Il mio evidenziatore è il disegno. All’inizio era soltanto uno sfogo, non pensavo che a qualcuno potessero interessare i miei disegni.

Ecco, il disegno…

Faccio tutto al computer. E’ più comodo e pulito, niente ingombri sulla scrivania. Inoltre ho poco tempo e così posso realizzare in maniera più rapida eliminando passaggi intermedi.

Quanto è importante nella tua satira?

Io parto sempre dal disegno, dal visualizzare, è sempre la parte più importante. Il disegno deve dire già senza parole, dev’essere già comico. Vorrei arrivare ad una satira muta, penso a quegli illustratori degli anni ’30 e ’40. Devo divertirmi, uscire dallo schema solito, la satira italiana a volte diventa noiosa ha sempre soliti schematismi, mi piace variare, ispirarmi al fumetto americano. Poi devo dire che fatico con i testi. Sono un disegnatore più che uno scrittore. Magari mi gioverebbe un lavoro in tandem, sai trovarsi al tavolo di una redazione, disegnare le idee che girano.

A proposito di redazione come va con Mamma?

Stiamo preparando il prossimo numero che uscirà nell’anno nuovo. Siamo un bel gruppo ma c’è sempre la pecca della virtualità. Siamo lontani ed è difficile incontrarsi, facciamo tutto con internet. Il primo numero aveva buonissimi contenuti e il sito(www.mamma.am) è di tutto rispetto, tuttavia è difficile tirare avanti.

Difficile?

Si perché quando non hai alle spalle un editore è un’impresa. Mamma è un’autoproduzione e non è facile come essere l’inserto di un giornale. La satira è considerata un’integrazione e quindi si compra più volentieri se abbinata alle notizie di un quotidiano. E’ difficile farsi conoscere, nonostante la visibilità del web.

Bruciapelo: vorresti fare il disegnatore di satira di mestiere?

Ti direi di si.

Ma?

Ma la situazione non è delle migliori. L’editoria italiana in questo campo è arretrata. Penso a EMME che ha chiuso, e ai giornali coi soldi che fanno fuori sempre certi progetti. L’unico mezzo è internet o autoprodursi. Ci sono posizioni ingessate, tutti vanno a caccia di firme, i giovani al limite si sfruttano per riempire. Sulla carta che conta ti riducono lo spazio sempre a favore della “firma”, che poi vai a guardare e i contenuti sono penosi, battute da bambini di quattro anni.

Mai pensato di espatriare?

Si, volevo fare animazione in America ma poi mi toccava prendere la cittadinanza e non è che ammiri molto lo stile di vita americano.

E l’Europa?

Si avevo pensato alla Francia, ma a dirla tutta l’idea di spostarmi, capire una nuova burocrazia, con le tasse e il resto mi fanno cambiare idea.

Sarà pigrizia?

Bè per il momento voglio prendermi più tempo per i miei fumetti e nel caso piacciano pensare all’opzione estero.

Prima di salutarci un po’ di politica, tu sei un giovane, dacci la tua lettura.

Sono pessimista. Berlusconi è agli sgoccioli, la situazione è satura e non ne possono più nemmeno i suoi. La svolta di Fini poi non mi convince per niente. In seguito verrà un Italia fascista, di un fascismo pacato, amministrativo. In fondo gli Italiani sono di quello stampo, si sente nell’aria.

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