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Finalmente qualcuno che in Italia risponde alle domande

Roberto Natale mi scrive: il sindacato non dimentica i freelance

Dopo una lettera aperta in cui sollevavo alcune questioni cruciali per i liberi professionisti del giornalismo, il Presidente della FNSI mi scrive e mi dice la sua.
28 novembre 2009 - Carlo Gubitosa

Logo FNSI  

Pubblico volentieri la risposta alle domande che ho rivolto pubblicamente al Presidente della Federazione Nazionale della Stampa, che ringrazio per la sua disponibilita' al confronto.

Ciao Carlo.

Scusami per il ritardo nella risposta,  a motivare il quale non basta certo la grande manifestazione del 3 ottobre. Volevo essere in condizione di metterci qualcosa in più, nella replica, ed ora posso farlo. Ti scrivo a poche ore dall’incontro che si terrà nella sede della Fnsi, a Roma: il primo incontro nazionale sui giornalisti lavoratori autonomi, al quale sono chiamati a partecipare i nostri organismi di vertice, presidenti e segretari delle associazioni regionali di stampa (come sai, la Fnsi è per l’appunto una federazione di associazioni regionali), i responsabili del lavoro autonomo delle singole associazioni e i rappresentanti dei gruppi di freelance costituiti nelle diverse regioni. Perché questa è l’altra novità: che negli ultimi tempi, in numerose regioni (Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Abruzzo, Sicilia, Sardegna, Toscana, Campania) sono nate – dentro il sindacato, o in raccordo con il sindacato – forme di organizzazione specifica per incrementare di molto l’efficacia degli interventi.

Ora le risposte alle domande:

1. Non ci siamo “dimenticati” affatto dei freelance, in sede di contratto. So benissimo che il nuovo contratto nazionale Fnsi-Fieg non ha portato su questo versante ciò che speravamo, nonostante la centralità che al problema della precarizzazione del lavoro avevamo dato in tutta questa lunghissima vertenza. Non c’è stato tema più ricorrente, nei documenti e nei comunicati-stampa a corredo dei diciotto giorni di sciopero per ottenere l’apertura della trattativa. Eppure è risultata insormontabile la resistenza degli editori alla richiesta che intendevamo come il segnale di una positiva inversione di tendenza: il pagamento in tempi certi a far data dalla consegna del pezzo in redazione, e non più dalla sua pubblicazione. Mentre fa segnare un punto a nostro favore la spinta che dal contratto viene per la costituzione di bacini aziendali grazie ai quali avviare a stabilizzazione i precari: gli editori potranno derogare al tetto massimo di mesi di utilizzazione solo se avranno stipulato accordi per l’assunzione dei collaboratori pluriennali. Ma del fatto che l’attenzione del sindacato non sia strumentale o di facciata dà conto anche ciò che abbiamo saputo far muovere su un altro fronte, nel rapporto con i governi: il Protocollo siglato al Ministero del Welfare due anni fa insieme a Fieg ed Inpgi, che impone l’aumento graduale delle aliquote, e la pressione sull’esecutivo in carica perché i giornalisti titolari di rapporto di lavoro autonomo possano beneficiare degli ammortizzatori sociali che tutelano i lavoratori autonomi degli altri settori industriali.

2. Sì, la consultazione referendaria è stata fatta quando già era stata apposta la firma: le intese di contenuto previdenziale collegate al contratto non sarebbero altrimenti state sottoscritte dal ministero, e questo sarebbe stato un danno rilevante per l’insieme della categoria. Però abbiamo detto che molta chiarezza che, in presenza di un voto negativo, il gruppo dirigente del sindacato ne avrebbe tratto le conseguenze anche in termini di disdetta dell’accordo già sottoscritto.

3. Siamo un sindacato unitario, e vogliamo tener conto del giudizio di tutti. Le 3 urne (contrattualizzati, pensionati, autonomi) avevano questo significato: acquisire la posizione delle diverse aree della professione, senza confonderle in un insieme indistinto. L’urna aperta per il lavoro autonomo aveva un significato simbolico al quale non abbiamo voluto rinunciare, pur mettendo in conto la bassa affluenza che in effetti c’è stata. Anche quell’urna specifica intendeva dire che, se acquisiamo il parere dei pensionati, a maggior ragione vogliamo sentire chi nella vita delle redazioni ha un ruolo. Intendeva dire che, anche nella crisi, sappiamo che su questo terreno la Fnsi si gioca buona parte del suo futuro, e che deve moltiplicare gli sforzi per superare il muro di indifferenza, la sensazione di estraneità con la quale viene motivatamente vissuta ancora da troppi colleghi.

4. Ci eravamo dati come criterio quello di far esprimere chi effettivamente fa la professione, pur in forma estremamente precaria: come sai bene, la semplice iscrizione all’Ordine non è una garanzia al riguardo. Inoltre sono state indicate soglie economiche molto basse, proprio ad evitare che si potesse rischiare una discriminazione per censo nell’esercizio del diritto elettorale. Mi risulta peraltro che, in vari casi, la segnalazione dell’assenza dagli elenchi Inpgi ha prodotto una più attenta verifica della posizione del/della collega e il riconoscimento del suo diritto al voto.

Insomma: la crisi, per quanto dura sia, non sta spingendo il sindacato alla scelta miope di asserragliarsi nella difesa esclusiva di chi, nel fortino ora assediato, c’era entrato in anni lontani e più facili. Nel momento in cui i piani di ristrutturazione tagliano via una generazione professionale e le redazioni sono attraversate da tensioni esplicite, quando il voto sulle ipotesi di accordo tende a diventare l’applicazione del “mors tua, vita mea” fra vicini di desk, altissima è la probabilità che l’attenzione ai meno garantiti sia considerata un lusso solidaristico che non ci si può permettere. E invece mi sento di dire che, nonostante tutti i nostri ritardi, il segno complessivo è quello di una consapevolezza che cresce. Torno all’elemento di cui ti dicevo all’inizio: i coordinamenti regionali dei collaboratori e free lance che sono nati dentro, non contro il sindacato. Indicano che il tantissimo lavoro che c’è da fare lo si potrà fare insieme, volendo. 

A presto, spero. 

Roberto Natale

Presidente Fnsi 

Roma, 24 novembre 2009

 

[Nota di Carlo G.: La risposta di Roberto Natale mi ha positivamente impressionato per la ricchezza dei suoi argomenti. Su un punto cruciale, pero', sento rumore di unghie sugli specchi e mi trovo in disaccordo con lui: il pagamento dei pezzi a 30 giorni dalla consegna non e' una rivendicazione del sindacato, ne' un oggetto di trattativa, ne' una possibile concessione che si doveva ottenere in sede di contratto dagli editori "come il segnale di una positiva inversione di tendenza".

A quanto mi risulta il pagamento delle prestazioni entro 30 giorni dalla consegna e' un obbligo stabilito all'articolo 4 della legge 231/2002, che a sua volta recepisce varie direttive comunitarie. Inserire questo obbligo nel contratto nazionale avrebbe avuto quindi un valore tutto politico, a testimoniare l'accettazione degli editori di voler rispettare la legge anche quando non c'e' davanti a loro nessuno che puo' obbligarli a farlo, e nulla avrebbe aggiunto sul piano legale ai diritti di cui i freelance gia' godono sulla carta, salvo poi vederli calpestare quotidianamente dagli editori.

E allora se questo problema non e' una mancata concessione degli editori, ma la voglia di farsi beffe di una legge gia' in vigore, non e' proprio qui che dovrebbe entrare in azione il sindacato? Io non ho mai fatto attivita' sindacale, ma non faccio fatica a immaginare delle azioni possibili: un libro bianco in cui raccogliere segnalazioni anonime da parte dei freelance su editori che violano la legge, un servizio di assistenza legale per farsi carico delle pratiche di messa in mora degli editori inadempienti (credo che con i soli interessi di mora il servizio si autofinanzierebbe, e i freelance sarebbero ben lieti di lasciarli al sindacato per essere pagati a 30 giorni e non a 30 settimane quando va bene),  una denuncia pubblica al ministero delle finanze (quanti soldi di interessi fanno maturare per gli editori i soldi dei pagamenti ritardati?), una campagna pubblica di sensibilizzazione tra i colleghi per essere consapevoli dei diritti riconosciuti dalla legge, la creazione di un clima culturale capace di vincere la paura dei freelance lasciati soli, per cui mettere in mora un editore per un mancato pagamento non e' piu' un affronto che rischia di troncare il rapporto di collaborazione, ma in un primo periodo transitorio diventa una prassi diffusa di tutti i collaboratori esterni precari, tale da indurre gli editori al rispetto della legge per ridurre i costi di gestione delle pratiche di messa in mora.

Insomma, caro Roberto, da un sindacato ormai non mi aspetto piu' che si facciano lotte in clandestinita' violando la legge, rischiando la vita e la galera come facevano i sindacalisti ai tempi del fascismo, ma mi aspetto quantomeno una elaborazione piu' aggressiva e coraggiosa di un semplice "purtroppo gli editori non hanno voluto scrivere sul contratto che accettano di rispettare la legge".  Questa "illegalita' legalizzata" ormai non e' piu' tollerabile. Gli editori sanno organizzarsi in tempo utile per pagare le forniture elettriche e le linee internet senza far scadere le bollette. Che imparino a organizzarsi per rispettare la legge e pagare i freelance entro 30 giorni, e se sono lenti nell'apprendimento spero che la FNSI abbia voglia di organizzare dei "corsi di recupero", riscoprendo che oltre alla contrattazione sindacale esiste anche la lotta sindacale, perche' in questo caso i "debiti formativi" condizionano la vita lavorativa e professionale di migliaia di giornalisti.

Un caro saluto e ancora grazie per questo interessante confronto.]

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