Scemocrazia pirlamentare
Finalmente sdoganata la parolaccia da parte dei più alti vertici istituzionali.
Ad aprire le porte all’improperio nei palazzi del potere è stato lo “stronzo” indirizzato dal presidente della Camera a coloro che a suo parere si arrogano la presunzione di definire “diversi” gli extracomunitari. Era tempo che i politici di casa nostra si adeguassero alla grettezza verbale che tanto permea ogni ambito della società italiana, dalle code nel traffico ai dibatti televisivi passando per le riunioni condominiali. Bando al buon esempio quindi e libero sfogo alla volgarità. Ecco allora i senatori a vita rinunciare alla saggezza senile e sentirsi d’ora in avanti legittimati a bestemmiare contro gli affannosi gradini che li conducono allo scranno di Palazzo Madama. Allo stesso tempo un sogno che si realizza per gli uscieri di Montecitorio: potranno mandare di tutto cuore a quel paese gli indisciplinati parlamentari fino al giorno prima sopportati o al massimo rimbrottati. Quegli stessi parlamentari che adesso si sentiranno in diritto di salutare con una pernacchia i vani richiami all’ordine del presidente dell’assemblea. Si immagini poi lo stesso presidente dell’assemblea dare del cretino al deputato che sta scrivendo epiteti scurrili su foglietti da appiccicare poi sulla schiena di colleghi distratti. Nel caso toccasse a qualche ministro riferire in aula, ora sarà possibile rivolgersi ai presenti con un indisponente “Cara accozzaglia di debosciati”. Ma chi più di tutti apprezza lo sdoganamento triviale è il presidente del Consiglio che finalmente potrà abbandonare l’aplomb istituzionale e potrà dare dei coglioni agli elettori del centrosinistra e dei pazzi patologici ai magistrati. Dal canto suo la Lega, storica precorritrice della retorica grossolana, annuncia che ricorrerà d’ora innanzi a un linguaggio più morigerato. La giustificazione della svolta nelle parole del ministro Calderoni: “Noi siamo diversi”.
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