L'esterofilia a comando di Filippo Facci
Qualche tempo fa un segnale d'allarme e' rimbalzato con insolita frenesia tra gli utenti italiani di Facebook: quel simpaticone di Filippo Facci e' comparso sulle pagine web del "Guardian", che molti ritenevano fino a quel momento un serio organo di informazione.
Non mi soffermero' sui dettagli di questo personaggio. Di Facci ho gia' tracciato un esauriente profilo in un precedente articolo, ripercorrendo i suoi trascorsi umani e professionali.
A tutto questo aggiungo solamente che dopo aver ricevuto su Facebook una pubblica minaccia di querela da parte del biondo in questione per l'articolo di cui sopra, un collega molto in gamba (scomparso di recente a conferma che i bravi giornalisti sono una specie in via di estinzione) mi aveva scritto su Facebook per tranquillizzarmi: "non penso che ti querelerà - scriveva il mio contatto - Facci è un tipo strano, una volta era molto antisistema, ti parlo della fine degli anni ottanta, quando lavorava a Monza in un giornalino locale e faceva grandi scoop contro il notabilato locale poi travolto da tangentopoli. Allora era una specie di anarcoide e gli proposi qualche sostituzione, prima a L'Unità poi a Repubblica. Ho sempre pensato fosse leggermente psicopatico. Comunque davvero non avrei mai pensato che finisse a fare il cane da guardia del Padrone. I soldi devono aver giocato un certo ruolo".
Oggi questo ex "anarcoide antisistema", a conferma che le serpi piu' velenose sono quelle che la sinistra ha allevato nel proprio seno, si e' proposto all'attenzione della rete sdoganando sul Guardian Online una apologia intitolata "Il segreto del successo di Berlusconi", dove i commenti sono attualmente bloccati, forse perche' il confronto tra Facci e i lettori del sito iniziava a farsi troppo acceso.
Un impeccabile esempio di delegittimazione a comando fatta sul giornale del fratello del premier, con un articolo in cui si sostiene che gli elettori di Berlusconi non possono essere tutti marchiati come degli imbecilli (ergo, sono tutti potenzialmente intelligenti) mentre i sostenitori di Antonio Di Pietro "sostengono non esserci la democrazia perche' sono poco democratici" (e quindi sono tutti potenzialmente imbecilli).
Ma per l'abitudine a riconoscere lealmente il merito anche quando si nasconde nei cervelli piu' insospettabili, avevo comunque apprezzato l'apparizione estera di Facci, illudendomi che avesse voglia di sollevarsi dal pantano del giornalismo italiano per dare un respiro piu' internazionale alla sua scrittura.
In fin dei conti negli altri paesi del mondo i giornalisti della destra conservatrice non sono costretti a ingoiare i rospi schifosi che devono mandar giu' i loro omologhi italiani, pagati per difendere a occhi bendati festini sexy con aerei di stato, leggi salvapremier su misura, uso privato di risorse pubbliche, gaffes planetarie e misure economiche fatte per premiare la fuga di capitali all'estero.
Avevo seriamente pensato che Facci volesse rifarsi una vita, e che quel marchettino proberlusconiano sul Guardian potesse essere al tempo stesso un ultimo rigurgito del vecchio stile Terminator "azzanna-nemici-difendi-capo" e l'inizio di una nuova pagina della sua carriera professionale.
Ma mi ero sbagliato. L'apparizione sul Guardian non era un tentativo di redenzione, ne' una "fuga di cervelli" all'estero (ammesso che ci sia qualcosa da far fuggire), ne' tantomeno un'idea partorita dalla mente di Facci.
A quanto pare si tratta di un piano costruito a tavolino dalla redazione de "Il Giornale" per arginare lo sputtanamento internazionale del nostro premier con una tecnica di propaganda vecchia come il mondo: gettare fumo e intorbidire le acque fino a quando la gente non capisce piu' niente e sprofonda nel regno oscuro del "ma anche", dove la pioggia cade verso il basso, ma anche verso l'alto, il sole c'e' di giorno, ma anche di notte, la pace e' buona, ma anche la guerra, Berlusconi e corrotto, ma anche tutti gli altri politici, e noi siamo fottuti, ma lo sono anche i nostri vicini di casa e quindi va tutto bene.
In una stagione dove il potere e' talmente arrogante e sfacciato da sfidare a testa alta scandali che altrove avrebbero fatto crollare governi e reami ben piu' potenti, per ottenere informazioni sulle strategie nascoste dietro questa apparizione britannica di Facci non c'e' stato nemmeno bisogno di indagare. Era tutto sul web.
I colleghi del biondino hanno raccontato tutto di loro iniziativa e senza veli il 31 di luglio, direttamente sulle pagine del loro giornaletto. Secondo la ricostruzione dei diretti interessati, i semi erano stati gettati copiosamente sul terreno dei media internazionali: oltre all'articolo di Facci "Il Giornale aveva anche proposto gli editoriali di Mario Cervi, Giordano Bruno Guerri e Antonino Zichichi rispettivamente a Independent, International Herald Tribune e Daily Telegraph".
E allora proviamo a tirare delle somme: hai bussato alla stampa internazionale, a quanto risulta ti hanno ignorato tre volte sul quattro, e la quarta non ti hanno nemmeno pubblicato su carta, ma ti hanno solo messo a disposizione sul web un angolino di giornalismo partecipativo dove anche mia zia puo' spedire contributi, che' tanto i bit costano poco e passano piu' inosservati.
Complimenti a tutta la redazione de "Il Giornale"! Questa si' che e' una riuscita strategia di comunicazione! Un magico amplesso con il giornalismo britannico dove le prime tre volte vai in bianco e al quarto giro trovi qualcuna disponibile ma fai cilecca.
Questo episodio e' un importante termometro sul valore del nostro giornalismo. L'articolo di Facci sul successo di Berlusconi, col titolo "Lettera agli inglesi. Non credete ai nostri antidemocratici" era stato pubblicato come editoriale da "Il Giornale" martedi' 28 luglio, per poi essere successivamente "inviato alla redazione commenti [del Guardian, ndr] guidata da Matt Seaton", come raccontano dalla redazione.
Da qui la facile equivalenza, che saprebbe fare anche un bambino delle elementari senza aver frequentato scuole di giornalismo: quello che nei nostri giornali di destra vale la prima pagina, sui giornali britannici non vale nemmeno un trafiletto nelle pagine interne, ed e' appena sufficiente per una paginetta web seminascosta.
Alla luce di tutto questo, chi se la sentirebbe di rimproverare Facci per non aver tentato seriamente e di propria iniziativa il salto verso un giornalismo piu' alto di quello a cui e' abituato? Quando si vive a corte, meglio essere il capo degli stallieri che l'ultimo dei cavalieri. E pazienza se poi bisogna gestire tonnellate di merda.
Senza contare che questi del "Guardian" sbagliano anche i nomi, e nel link al suo profilo il nostro beniamino e' diventato "Felippo" Facci, ( http://www.guardian.co.uk/profile/felippo-facci ) da non confondere il mite Felipe delle strisce di Mafalda. Facci e' di tutt'altra pasta: carattere sanguigno e determinato, sempre pronto alla battaglia, a condizione di giocare in casa.
Per festeggiare questa avventura oltremanica di Facci, il portale satirico www.mamma.am che tiene d'occhio tutte le penne di regime ha inaugurato una nuova sezione internazionale, dove il primo articolo in lingua inglese si intitola proprio "Il segreto del successo di Filippo Facci", spiegato senza mezzi termini: "scegli bene i tuoi bersagli, e se getti abbastanza fango addosso agli oppositori del re, riceverai la tua ricompensa".
Dopo questo esperimento di penetrazione nei media stranieri, nei salotti buoni della stampa c'e' stato un giro di quadriglia dove le poltrone cambiano ma il risultato culturale rimane identico. Facci e' sbarcato su Libero annunciando di non essere piu' sul libro paga dei fratelli Berlusconi: "dopo 15 anni ho smesso di scrivere sul Giornale e dopo dieci mi sono dimesso da Mediaset", e in quella redazione ha ritrovato come direttore lo stesso Maurizio Belpietro con cui ha gia' fatto coppia tempo addietro su "Il Giornale".
A sua volta Belpietro ha ripreso in mano le redini di "Libero", occupando il posto vacante di Vittorio Feltri, che nel frattempo si e' insediato nella redazione de "Il Giornale" assieme all'amico Renato Farina, noto ai servizi segreti italiani col nome in codice Betulla per i suoi articoli scritti a comando finalizzati al depistaggio di indagini.
Per fare spazio a Feltri se n'e' andato Mario Giordano, l'unico che in questo gioco delle sedie non si e' piazzato in qualche quotidiano. Ma niente paura: l'ex "inviato in bicicletta" di Gad Lerner, poi passato a orientamenti piu' filogovernativi, ha trovato una comoda collocazione anche fuori dal mondo della carta stampata alla guida di Studio Aperto, e ha ritrovato questo TG esattamente come lo aveva lasciato nell'ottobre di due anni fa: inguardabile. Per lasciare il Tg a Giordano, il 31 agosto se n'e' andato da Studio Aperto il direttore Giorgio Mulé, che il primo settembre e' atterrato a Panorama per occupare la poltrona lasciata vuota da Belpietro.
E qui si chiude questo magnifico giro di quadriglia, dove un gruppo di persone fa il girotondo delle poltrone cosi' come in una squadra di calcio si cambia la formazione con gli stessi giocatori, ma senza cambiare l'obiettivo del gioco di squadra e i colori sociali del club.
Con la testa che ancora gira per questo turbinio di ruoli e incarichi, restiamo in attesa di scoprire da quale di questi organi di informazione berlusconiani partiranno i prossimi tentativi di invasione della stampa estera, per difendere fino all'ultimo quella destra indifendibile che ha spazzato via dal panorama politico del paese la destra liberale e montanelliana.
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