Zona del Silenzio
Zona del silenzio è il titolo del volume azzurro che stringo tra le mani: cronaca a fumetti, sulla scia dei romanzi grafici di Joe Sacco e del premio Pulitzer Maus (dal quale ne mutua l’allegoria antropomorfa), il tutto condito da una punta di fiction romanzata, con chiari riferimenti agli autori stessi del tomo, Checchino Antonini e Alessio Spataro.
Ma Zona del silenzio è soprattutto il resoconto di una tragedia. Uno dei numerosi strumenti comunicativi messi in piedi per rendere giustizia a una storia amara, fatta di diritti negati, di figli uccisi, di verità nascoste e poi ritrovate (ricostruite pezzo a pezzo con il sudore della fronte e con le lacrime degli occhi). Si parla di un figlio. Di un ragazzo come tanti. Buono, ma anche no. Con i diritti che dovrebbero essere propri di chi ha una vita da vivere davanti, magari, e degli errori da lasciarsi alle spalle.
Dico subito che il giovane in questione, il figlio, l’involontario ragazzo-cadavere di questa difficile storia, secondo la sentenza di primo grado del 6 luglio scorso, è stato massacrato da una pattuglia di polizia mentre stava ritornando a casa dopo una serata trascorsa a un party.
Ferrara è il luogo del delitto. Federico Aldrovandi è il nome della vittima (perché di vittima si tratta). I presunti carnefici sono dei poliziotti (di quelli che rischiano la vita tutti i giorni per portare a casa uno stipendio, e che sono costretti, senza proiettili, senza carburante nelle auto ed evidentemente con una scarsa formazione professionale alle spalle – sempre perché i soldi non bastano mai - a combattere anche i criminali, quelli veri), forse padri e madri anch’essi.
Il 25 settembre del 2005 è successo il fatto: Federico, l’Aldro, un diciottenne che muore a Ferrara pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia. Punto.
La vicenda si poteva chiudere con un punto, ma così non è stato. Lo si deve alla tenacia di una madre coraggio. Nello specifico, della mamma di Federico. Che trova la forza di aprire un blog per gridare il proprio dolore alla gente e per portarlo il più lontano possibile, il dolore.
Intorno a lei si apre quindi una generosa comunità, fatta di internauti e di qualche professionista della comunicazione, che fa da sponda alla sua disperazione, e la porta lontano.
Zona del silenzio ha il merito di inserirsi tra le pieghe della tragedia e di costituire una tassello fondamentale in quello che in una qualsiasi società civile e democratica dovrebbe essere dato per scontato: l’affermazione della verità.
Checchino Antonini, studioso di sociologia e giornalista di Liberazione, prende in mano le redini dell’operazione e ne scrive il soggetto, cesellandolo con sensibilità e consegnandolo, subito dopo, alla matita esperta di Alessio Spataro, autore capace di una satira irriverente e profonda (anche la sceneggiatura è opera del disegnatore siciliano).
Il libro è diviso in capitoli, ognuno scandito da un’emozione, da uno stato d’animo, da parole che costituiscono l’esatta sintesi del loro contenuto: lo Stupore, la Rabbia, la Paura, il Vuoto, il Coraggio e la Scelta.
Da leggere, per dare significato alla ricerca disperata della verità e per inseguire un sogno di giustizia che non può ridare una vita, ma che può regalare senso a una lotta impari, quella che spesso si combatte per vincere le cause che, qualche volta, si spera, non sono perse in partenza.
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