(Non) è (mai) troppo tardi
E se la proposta della Lega in merito alle fiction in dialetto avesse valore retroattivo?
Se non si limitasse a pretendere il gergo napoletano per “Un posto al sole” o quello emiliano per “Nebbia in Val Padana”, ma mirasse anche a rivestire di vernacolo le serie televisive del passato?
Intere trame ne sarebbero stravolte e con esse l’infanzia di intere generazioni cresciute nel mito di quei rassicuranti e bonari personaggi degli anni Settanta.
Ecco allora Starsky, in pieno inseguimento del delinquente di turno, urlare in barese stretto a Hutch di stare attento (ma il compagno, che è di Bolzano, non lo capisce e si prende una pallottola dritta in testa). Oppure Fonzie abbordare in genovese una ragazza e ricevere in cambio un calcio nelle palle perché dalle sue parti nella Barbagia quella parola sottintende un’autentica sconcezza. O ancora la Signora in giallo aver scoperto il nome dell’assassino ma non poterlo comunicare a nessuno in quanto unica ciociara in una comunità di valdostani. Figurarsi poi la reazione violenta di quel sabaudo di papà Robinson nel momento in cui sorprende la moglie bisbigliare al telefono in molisano con chissà quale amante. E che dire di Star Trek: l’Enterprise che si schianta contro un meteorite già alla prima puntata perché nella sala-comandi sono tutti di Sondrio e nella sala-macchine di Caltanisetta.
Dio non voglia poi che la proposta fosse estesa anche ai film veri e propri: E.T. che nel finale singhiozza un “Telefono, Casa” in bergamasco sarebbe un colpo mortale all’innocenza di molti italiani di ieri.
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