Album di famiglia
Da quel tragico tre settembre 1982 Nando dalla Chiesa non si è mai tolto dall'anulare sinistro l'anello di famiglia. Il simbolo di riconoscimento familiare fieramente portato dal padre, il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa gliel'hanno restituito quella stessa notte di colore rossobruno, impregnato della sua ultima traccia di sangue e di vita. In "Album di famiglia" (Einaudi, pag.194, euro 17) Dalla Chiesa, partendo dall'Io so di pasoliniana memoria, con trentacinque brevi tuffi nel passato e nel futuro delle proprie radici restituisce giustizia a un'istituzione sociale tradita dalle troppe false morali pubbliche e dai più retrivi vizi privati di uomini dello Stato, che svuotano di senso legami altrimenti indissolubili.
"Questo singolare personaggio scaltro e ingenuo, maestro di diplomazie italiane ma con squarci di candori risorgimentali", come lo definiva nell'ultima intervista Giorgio Bocca, che amava Sciascia e identificarsi con il giovane ufficiale nordista de "Il Giorno della civetta", ha sempre indossato la stessa casacca di uomo inflessibile al richiamo del dovere e dell'etica, dentro e fuori le mura di casa. Nel libro si ritrovano molti gustosi aneddoti dell'uomo di Stato casalingo, che cordialmente rispediva al mittente la Fulvia regalata dall'avvocato Agnelli o le borsette inviate a Natale da solerti industriali alla signora Dora. I tanti "no" detti e il sacrificio condiviso con i figli, la pretesa dei capelli corti e della barba sempre impeccabile, ma l'assoluta libertà di scelta a cui non è mai venuto meno. Nando dalla Chiesa esalta il ruolo di mamma e di moglie della signora Dora, ricordando i quadernini in cui appuntava tutte le spese di famiglia e la sua trepidazione nell'attendere il primo telegiornale della sera per avere la certezza del ritorno a casa del marito. Le partite al mitico subbuteo con il piccolo Carlo Alberto, figlio di Nando e nipote del Generale, che riportano all'infanzia dell'autore e ai suoi giochi nelle varie caserme d'Italia con i soldatini di pace. La grande camerata e i tanti scherzi con le sorelle Rita e Simona, fondamentali a cementare un rapporto che non ha mai conosciuto avvocati e notai.
Dalla Chiesa, impegnato come presidente onorario dell'associazione Libera, continua a girare il Paese per raccontare la favola di una famiglia italiana particolare, capace di sopravvivere al dolore e agli sconvolgimenti politici, sociali di cui è stata protagonista suo malgrado.
Il coraggio e l'amore di mamma Felicia per l'indomabile figlio Peppino Impastato. L'infinita storia di amore tra la giovane borghese Giuseppina Zacco e un ribelle della terra come Pio La Torre. Le attenzioni e l'affetto quotidiano del generale Dalla Chiesa per tutta la famiglia. Cosa rende veramente unici questi rapporti umani sottoposti alla costante minaccia mafiosa e li fa sopravvivere anche al lutto, alla tragedia?
Vivere sotto rischio senz'altro fortifica i rapporti. Ma è la condivisione di un destino comune, l'ammirazione per un'etica della responsabilità che non contempla deroghe tra le mura di casa e nel proprio impegno pubblico, a creare un legame indissolubile. Si viene allenati dalla vita e alla lunga l'unico grado di libertà che ti è concesso è quello di decidere come starci dentro al tuo destino. Non permettere alla mafia di controllare il primo e il secondo tempo della tua esistenza. "Album di famiglia" è la favola di una storia che non ha per forza un lieto fine, ma è densa di amore e bellezza. Nel 1982 prima di imbarcarsi per quello che sarebbe stato l'ultimo viaggio a Palermo, mio padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ci lasciò questo testamento spirituale, che in famiglia non abbiamo mai tradito: "Vi scrivo da 7-8 mila metri di altezza in cielo, mentre l'aereo mi porta veloce verso palermo, verso il mio nuovo incarico. In questo momento mi sento più vicino alla vostra mamma, mi ritorna com'era, bellissima. in questo momento vi chiedo di essermi vicino. Voletevi bene sempre, proprio come oggi. Vi abbraccio forte, forte. Il vostro papà".
Del suo album di famiglia fa parte l'associazione Libera, che custodisce e coltiva la memoria delle parole e del sacrificio di Don Diana in terra di camorra. Come spiega le esternazioni dell'onorevole Pecorella?
Ero ospite nella stessa trasmissione di Telelombardia, quando l'avvocato-deputato Pecorella ha reagito d'istinto all'incalzante domanda di quei due ragazzi. La sua risposta è sintomo di quanto uomini dello Stato, che ricoprono anche ruoli importanti, siano estranei e ignorino il radicamento di simboli come Don Peppino Diana in terre dove la pressione dei clan è soffocante. Il 19 marzo scorso una manifestazione di popolo ha riempito le strade di Casal di Principe, ricordando il messaggio di questo uomo di chiesa ucciso dalla camorra: "Per amore del mio popolo non tacerò". Sui terreni confiscati ai Casalesi sta nascendo una cooperativa agricola che porta il suo nome. Non penso che boss come De Falco (condannato in primo grado in quanto mandante dell'assassinio di Don Diana, ndr) non possano permettersi avvocati difensori. Chi si è assunto responsabilità pubbliche come quella di presidente della commissione giustizia o d'inchiesta deve scegliere da che parte stare.
La montagna di denaro pubblico pronta a riversarsi sulla Sicilia è la cura per il rilancio o la medicina paliativa per il sistema clientelare?
Ci voleva la Lega Nord al governo per riesumare la Cassa del Mezzogiorno, il carrozzone della spesa pubblica gettata in pasto delle clientele. Credo si aprirà una nuova voragine, pronta a divorarsi anche queste risorse.
Le procure di Caltanisetta e Palermo con le indagini sulla strage di Via d'Amelio hanno riaperto uno squarcio su quella zona di grigio del rapporto mafia-Stato. Pensa che questa volta si riesca ad andare fino in fondo?
Per molti anni anche riguardo all'omicidio di mio padre ho denunciato il clima di collusione e quel terzo livello impenetrabile. Spesso i processi si arenano in dibattimento per la mancanza di prove. I magistrati spero che riescano ad andare avanti con i nuovi elementi acquisiti, non solo annusando quell'aria da grande famiglia che c'è dietro i delitti di mafia.
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