Diario Aquilano /3 a
L'Aquila, 8 luglio 2009, 04:23
Quanto fanno rumore, gli scontri romani, i fermi, gli arresti. Arrivano fin qui a L'Aquila, e qualcuno si preoccupa un po' per i prossimi giorni. La città è militarizzata, sembra di essere in qualche capitale del Sud del Mondo che sta tentando di rialzarsi e fa della sicurezza una questione primaria. Sembra, eh.
Il problema è che poi, i giornali, parlano degli scontri, e fanno sì che facciano ancor più rumore. Non leggo, invece, per quel poco che mi è dato online, alcuna attenta analisi della giornata di ieri nel campo 3e32. Sarà perché non ci sono stati scontri, mi vien da pensare.
Il campo 3e32 (che prende il nome dall'ora della scossa più grande del 6 aprile), non è, come ha erroneamente detto il Corriere della Sera, il punto di riferimento no-global della città. No. E' (basta leggerlo sul sito ufficiale) una rete cittadina no-profit, apartitica ed autogestita, nata al fine di collegare le diverse realtà e comitati createsi a seguito del sisma che ha devastato L’Aquila e la sua provincia alle 3e32 del 6 aprile 2009.
SI sviluppa sul Parco UNICEF di via Strinella, a poche centinaia di metri dalla Questura, ed è tenuto in vita, encomiabilmente, da un gruppo di volontari che non si piega alla logica dell'annullamento della quotidianità e della possibilità di fare: vi si organizzano incontri, spettacoli, concerti, c'è musica, c'è la possibilità di bersi una birra, di passare del tempo insieme, di parlare - si parla tanto, del terremoto, della ricostruzione, della politica - ed è uno spazio che merita di vivere e di essere sostenuto. Il sottoscritto ci campeggia - dovrebbero farlo anche altri "giornalisti", così avrebbero qualcosa di cui parlare veramente - eccezion fatta per la nottata di oggi, che mi concedo in un letto vero, per scrivere, fra l'altro.
Perché ieri, e bisogna che qualcuno ne parli, il 3e32 è stato teatro del Forum per la Ricostruzione Sociale.
Un bell'esempio di democrazia partecipata, di cittadinanza che si attiva, che parla, dibatte, ascolta, si confronta, ma soprattutto vuole partecipare alle decisioni che la riguardano, secondo quella spinta dal basso che viene rivendicata dalle più interessanti realtà politiche (nel senso più puro e dimenticato del termine) in Italia.
Dovrebbero frequentarle di più, i colleghi giornalisti - che pure erano presenti in buon numero, anche a gustare il pranzo preparato dai volontari del 3e32 -, certe zone di politica attiva. Si renderebbero conto che fa molto più rumore una giornata così intensa di uno scontro in piazza. E magari veicolerebbero messaggi differenti e contribuirebbero a creare un clima sociale più disteso e invoglierebbero i propri lettori alla partecipazione.
Nel merito dell'incontro, che aveva fra gli ospiti anche Alex Zanotelli, delegazioni di No Dal Molin, e del presidio contro la discarica di Chiaiano, il direttore di Carta e varie realtà aquilane. Si è parlato di democrazia, del pericolo delle emergenze che limitano la democrazia stessa, del fatto che a L'Aquila è in corso un pericoloso processo di restrizioni alle libertà. Nei campi di tendopoli gestiti dalla Protezione Civile, le norme cambiano di volta in volta e assumono i connotati più assurdi. Al sottoscritto è stato detto che per l'ingresso nel campo ci si deve rivolgere al "Capocampo" (sic), che ha discrezionalità in merito: in un campo vengo accompagnato per una visita guidata di dieci minuti e non posso parlare con nessuno, in un altro vengo invitato a non far riprese, in un altro entro senza problemi, ma solo perché sfoggio il mio agognato pass giornalistico per i giorni del G8 ("Mica possono entrare tutti" mi dice un fermo e poco cortese signore della Protezione Civile). In alcuni campi vengono rimossi i volantini e si impediscono attività sociali e assemblee. Tutte queste cose vengono sottolineate nell'assemblea.
Si parla del fatto che le istituzioni locali hanno ceduto il loro potere decisionale al Governo e alla Protezione Civile (che a L'Aquila gestisce tutto, anche il G8, anche i pass giornalistici per accompagnarsi alle delegazioni straniere nelle loro visite: mi sono accreditato per la visita di Obama al centro storico, ma non si sa se sono stato accettato, mi verrà comunicato prima dell'evento). SI parla del fatto che, invece, la ricostruzione della città dovrebbe essere un percorso condiviso con i cittadini, dal basso, con la partecipazione.
Mi sembra un concetto così semplice e corretto da poter affermare senza problemi che i colleghi giornalisti dovrebbero veicolarlo e farne quasi uno slogan: non ci sarebbe nulla di male, si prenderebbero le parti di chi ha diritto di parlare. Le persone.
Si parla del fatto che il G8, con la sua ulteriore militarizzazione della città, non fa che portare ulteriori disagi: negozi di nuovo chiusi, persone invitate e convinte a andare in vacanza, restrizioni. Ah, certo, e una strada nuova di pacca che arriva alla caserma di Coppito. Uno schiaffo alla ricostruzione.
E con questo schiaffo - che arriva bello forte, mentre i giornalisti stranieri ridacchiano dell'Italia sulla navetta che porta da un centro commerciale al Media Village, un'imponente struttura che ospita i giornalisti; una struttura nelle cui sale stampa i social network sono ottusamente oscurati (non si accede a Facebook, a Twitter...) - abbiamo posato un altro pezzo del complesso puzzle aquilano.
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