Santo Router
Si tratta di una simpatica tradizione ormai in voga da qualche anno nella mia famiglia, che vede tutta la famiglia riunita di fronte ad un router a nominare tutti i santi del paradiso perché internet non funziona e siccome siamo a natale e ci piace che il natale non sia solo un’occasione di preghiera ma anche di gioco e divertimento, vince chi riesce a nominare più santi in una sola serata.
Per gustare al meglio l’evento è necessario arrivare preparati e di solito, affinché ciò sia possibile, si comincia qualche giorno prima con lievi disturbi di connessione. Sciocchezze, un computer che non riesce a collegarsi, un altro che va troppo lento, uno che funziona così e così: si apre sul sito delle ricette del tacchino ripieno ma si rifiuta di farti vedere la posta, oppure puoi chattare con un amico a cinquecento chilometri di distanza ma non riesci a farlo con tua figlia che in camera sua finge di fare i compiti e invece ha la televisione accesa. Niente di grave, niente a cui non possa porre rimedio con il famoso rito della santona che poi sarei io, un rito che si tramanda di amministratore in amministratore e del quale ormai ho appreso tutti i misteri grazie al guru aziendale che è il mio vicino di scrivania. Il rito del “spegni e riaccendi” da celebrarsi seguendo una complicatissima procedura di cavi da staccare secondo l’ordine della sequenza di Fibonacci partendo dal numero 1450 e da concludersi ripetendo la medesima operazione all’inverso. Nella sua formula più casereccia, basta staccare un filo e poi riattaccarlo.
Dopo qualche giorno, tuttavia, quando il tuo vicino alle quattro di mattina si presenta incazzato come una biscia alla tua porta di casa, ti rendi conto che il problema è molto più grosso del previsto. Inutile scusarsi per quella connessione mal funzionante, il vicino che da mesi ogni notte chatta con una bionda californiana grazie alla tua connessione, non vuol sentir ragioni perché a sentir lui la connessione salta sempre nel momento esatto nel quale pare che lei fosse intenzionata a dargliela. Almeno virtualmente.
Spegni e riaccendi, ma qualcosa comincia a farti sospettare che questa semplice operazione non basti più e allora cominci ad incolpare il pos del negozio sotto casa che si sa è natale e le linee sono sovraccariche. Ma che c’entra? Niente ma in casa mia nessuno lo sa e dopo due giorni di urli da una stanza all’altra “è saltata la connessione! Cazzo proprio adesso” o “ma c’è qualcosa che non funziona, si può sapere cosa sta succedendo?” ti inventi questa pietosa bugia e tiri a campare fino alle quattro di mattina quando il tuo vicino si piazza nella tua cucina a chattare dal vero con te per raccontarti della californiana perduta e i tuoi familiari scoprono che il pos del fornaio sotto casa non c’entra una benemerita mazza.
Comincia così il gioco delle scatole. Ogni scatola contiene un pezzo, in una ci sono le istruzioni del router, nell’altra un cavo di riserva, in quella successiva il dischetto di installazione e in quella dopo un paio di grammi di coca che ti eri tenuta da parte in attesa della famosa notte annuale del router.
Tiri fuori tutto, accendi tutte le luci, ti chiudi nello studio e sacramentando, stacchi, attacchi, accendi, spegni, installi, moccoli, tiri, sacramenti, esulti, sperimenti, fai dell’autoerotismo, telefoni alla Telecom, stacchi, installi, accendi, piangi, telefoni al telefono amico, minacci il suicidio, cambi cavi, cambi posizione, cerchi connessioni remote, disattivi il wirless, infili la presa lan nel culo del gatto, ridi, fai uno scherzo telefonico al tuo capo, fai un salto, fanne un altro, fai una giravolta, spacchi il router, esci nudo per strada per protesta, batti il gatto nel muro, ti colleghi con il wirless ad una connessione non protetta di un altro vicino, pubblichi sta cazzata di post e vai a letto.
Ci penserò domani.
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